Lunedì 28 novembre alle ore 21.00, il pianista Emilio Aversano e il
Quartetto d’Archi della Scala saranno protagonista, al Conservatorio di Milano,
del prossimo appuntamento della Stagione 2016/2017 di Serate Musicali. In
programma musiche di Mozart, Beethoven e Dvořák
Lunedì 28 novembre 2016 ore 21.00
Sala Verdi,
Conservatorio di Milano,
via Conservatorio 12 Milano
via Conservatorio 12 Milano
QUARTETTO D’ARCHI DELLA SCALA
Violinista FRANCESCO MANARA - Violinista DANIELE
PASCOLETTI
Violista SIMONIDE
BRACONI - Violoncellista MASSIMO
POLIDORI
Pianista
EMILIO AVERSANO
WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756 - 1791)
Adagio e Fuga in do minore K 546
Adagio; Fuga. Allegro
LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770 - 1827)
Grande Fuga per quartetto d’archi
in si bemolle maggiore op. 133
Ouverture. Allegro; Allegro; Fuga
ANTONIN Dvořák
Quintetto in la maggiore op.81
Allegro,
ma non tanto; Dumka: Andante con moto; Scherzo - Furiant: Molto vivace; Allegro
Il programma (dal
libretto di sala)
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Adagio e Fuga in do minore K 546
Mozart sì applicò a più riprese e
con passione allo studio del contrappunto. Fu soprattutto negli anni del
soggiorno viennese che ebbe modo di conoscere e approfondire i grandi lavori
contrappuntistici del passato; fu a Vienna che venne in contatto con la cerchia
del barone Gottfried van Swieten, mecenate e colto dilettante dì musica che
nella sua abitazione organizzava regolari esecuzioni della musica di Bach e
Händel. E fu ancora negli anni viennesi che Mozart si entusiasmò per le Fughe di Bach, che fece oggetto di uno
studio attento e appassionato. Non doveva essere estranea a questo interesse
neppure la frequentazione degli ambienti massonici, cui lo stesso van Swieten
apparteneva. La Fuga e la scrittura
contrappuntistica assumevano, in quella cerchia, il valore di una trasparente
metafora: nell'edificio contrappuntistico e nella Fuga che ne è la più complessa espressione, gli adepti coglievano
di riflesso l'operato del Grande Architetto dell'Universo. Di qui l'attivismo
con il quale le logge massoniche si adoperarono, nelle principali città
europee, per riportare in vita capolavori del passato come gli Oratori di Händel e le Fughe di Bach, nei quali la scienza
contrappuntistica raggiunge vertici ineguagliati. Uno dei massimi contributi di
Mozart al genere è costituito dalla Fuga
in do minore K. 546, composta in origine per due pianoforti (K. 426) e
trascritta in seguito per archi, con l'aggiunta di un Adagio introduttivo. Di straordinaria intensità espressiva, l'Adagio è dominato dal contrasto tra
figure ritmiche ed energiche e un motivo dolente, che insiste su patetici
semitoni. Lo stesso contrasto espressivo tra azione e ripiegamento, tra eroismo
e rassegnazione caratterizza l'austero soggetto della Fuga. Improntata a un clima di estrema severità, la composizione da
fondo a tutti gli artifici del contrappunto osservato, valendosi di una tecnica
e di un controllo espressivo che rivelano la profonda assimilazione della
lezione bachiana.
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Grande Fuga per quartetto d’archi in si bemolle maggiore op. 133
La Grande Fuga op. 133, dedicata all'arciduca
Rodolfo, venne composta fra l’estate e l'autunno del 1825. Pubblicata due anni
dopo, costituiva in origine il finale del Quartetto
op. 130. Una sconfinata ricchezza di fantasia vi appare contenuta da una
ferrea e pur vibrante struttura contrappuntistica. É una delle pagine più
ambiziose e avveniristiche di Beethoven. Da una parte si impone all'ascolto una
concezione del suono aggressiva e materica, che può trovare un convincente
parallelo solamente in un altro grande affresco contrappuntistico, il finale
della Sonata per pianoforte op. 106. D'altra parte
Beethoven compie uno dei suoi capolavori di invenzione formale, proponendo una
sintesi dei principi della Fuga e di quelli della Sonata. Una «Ouverture» di 29 battute presenta in
tre diverse forme il "motto" che costituisce il soggetto della
costruzione. Segue la Fuga vera e
propria, che si articola però in tre distinte sezioni, impostate come un Allegro, un tempo lento e uno Scherzo.
La prima sezione, la più serrata e complessa, consiste in una doppia Fuga, in cui il "motto" funge
da controsoggetto a un soggetto che procede con fraseggio spezzato. La seconda
sezione «Meno mosso e moderato» è
improntata invece a un diffuso lirismo; a contrappuntare il "motto"
interviene una sinuosa linea di semicrome (già presentata d'altronde nell'Ouverture).
La terza sezione «Allegro molto e con
brio» vede il "motto" convertito e protagonista assoluto di
una trattazione in cui il timbro diventa elemento essenziale, con i lunghissimi
trilli coloristici. Ritornano frammenti delle sezioni precedenti, prima di una Coda che riassume con densità
trascinante tutto il contenuto tematico ed elaborativo dell'intera pagina. Beethoven
è giunto al ciclo degli ultimi Quartetti
(1822-1826), fuori dagli schemi tradizionali, nell'estremo maturarsi del suo
pensiero creativo e nel profondo rigore di uno stile severo, tremendamente
incisivo. É il Beethoven del «terzo stile», un musicista che ci insegna una
dolente accettazione e, secondo le parole di Massimo Mila, «una virilità forse
meno brillante che l'egoismo prometeico, ma più consapevole e matura». La Grande Fuga, uno degli esempi più alti
della polifonia strumentale d'ogni tempo, venne ridotta dallo stesso
Beethoven per pianoforte a quattro mani (op.134).
ANTONIN Dvořák
Quintetto in la maggiore op.81
Scritto nell'arco di meno
di due mesi, tra il 18 agosto e il 3 ottobre del 1887, il Quintetto op. 81 è di gran lunga il più noto dei due
Quintetti con pianoforte composti da Dvořàk nella stessa tonalità di la
maggiore; ma se il primo op. 5, datato 1872, si inscriveva ancora nell'orbita
classicheggiante di Mozart, questo se ne allontana in direzione di una più
pregnante integrazione tra elementi romantici, soprattutto brahmsiani, e
folclorici. Come prima di lui Smetana, anche Dvořàk, a differenza dei Russi,
riteneva che lo spirito del canto popolare dovesse essere ricreato non copiando
il popolo, bensì reinventando con la fantasia nuove melodie sul modello della
musica popolare. Cresciuto sotto l'influsso delle teorie di Herder, Goethe e
dei fratelli Grimm, che furono così decisive per lo sviluppo del nazionalismo
cèco, egli ravvisò il suo ideale artistico in una tradizione che, partendo dal
classicismo e operando nel solco del grande romanticismo tedesco, immettesse
nelle strutture formali di quella tradizione e nei suoi schemi compositivi la
comunicativa diretta del canto popolare, giungendo a vagheggiare l'utopia
totalizzante di un folclore slavo, anzi panslavo. Questi due atteggiamenti
coesistono in modo quasi programmatico nella concezione formale delle sue opere
maggiori, alle quali appartiene anche il Quintetto
op. 81. L'ambizione strutturale alla grande forma si manifesta soprattutto
nei movimenti estremi, dominati da un'elaborazione tematica salda e concentrata
negli sviluppi; mentre in quelli centrali risaltano i due aspetti peculiari
dell'idioma ispirato al folclore: effusione melodica e senso immaginativo negli
Adagi, vivacità ritmica e rustica robustezza negli Scherzi. Nel primo movimento
del Quintetto, Allegro
ma non tanto, la netta plasticità dei temi, dalla prima esposizione del
violoncello alle successive entrate degli archi fino alla ripresa affermativa
del pianoforte, mostra un'espressività appassionata, ora energica, ora lirica,
oscillando tra indugi contemplativi e vigorose impennate. Quest'inventiva
insieme spontanea e controllata, di immediata forza comunicativa, si ripropone
con una serrata unitarietà di effetti potenziati nell'Allegro finale, raggiungendo una perfetta
simbiosi di vitalità gagliarda e di gioiosa brillantezza. I due tempi centrali
danno ampio spazio al carattere popolare. La Dumka,
canto popolare russo-slavo, sorta di méditation narrativa di carattere elegiaco, è il
fulcro dell'Andante con moto, pagina sospesa tra pensosità e malinconia
e contrassegnata dal contrasto tra la sezione lenta iniziale, poi ripresa alla
fine, e l'irruzione centrale di un Vivace effervescente e aggressivo. Lo stesso
procedimento, ma a parti invertite, si ripresenta nello Scherzo (Molto
vivace), un baldanzoso Furiant in 3/4 festosamente danzante e a
tratti sincopato, interrotto dalla pacata staticità del Trio (Poco
tranquillo). Anche queste asimmetrie e questi contrasti, che non giungono
mai a contemplare insidie alla compattezza o sfoghi drammatici, sono del tutto
compatibili con un piano compositivo nel quale l'estrosa sorpresa,
apparentemente improvvisata ma mai sconfinante nei territori di un
atteggiamento problematico, è funzionale non solo a una visione di spontaneo
ottimismo ma anche a una integrazione con il pensiero costruttivo generale.
Tutto suona piacevole e gradevole, sano ed equilibrato, pienamente bello: siamo
ancora lontani dal sapore acre dell'ardente realismo psicologico di Janàček e
dalla durezza aspra dei suoi scatti imprevedibili.
La prima storica formazione
del Quartetto d’archi della Scala
risale al 1953, quando le prime parti sentirono l’esigenza di sviluppare un
importante discorso musicale cameristico seguendo l’esempio delle più grandi
orchestre del mondo. Nel corso dei decenni il Quartetto d’archi della Scala è
stato protagonista di importanti eventi musicali e registrazioni; dopo qualche
anno di pausa, nel 2001, quattro giovani musicisti, già vincitori di concorsi
solistici internazionali e prime parti dell’Orchestra del Teatro, decisero di
ridar vita a questa prestigiosa formazione, sviluppando le loro affinità
musicali già consolidate all’interno dell’Orchestra, elevandole nella massima
espressione cameristica quale è il quartetto d’archi. Numerosi i loro concerti
per alcune tra le più prestigiose associazioni concertistiche in Italia
(MusicaInsieme a Bologna, Serate Musicali a Milano, Associazione Scarlatti a
Napoli, Sagra Malatestiana a Rimini, Festival delle Nazioni a Città di
Castello, Settimane musicali di Stresa, Asolo musica, Estate Musicale a
Portoguaro, Teatro La Fenice e Malibran a Venezia, Ravenna Festival, Amici
della musica di Palermo, Teatro Bellini a Catania, Stagione del Teatro alla
Scala, Teatro Sociale a Como ecc.) e all’estero (Brasile, Perù, Argentina,
Uruguay, Giappone, Stati Uniti, Croazia, Germania, Francia, Spagna, Austria, Grecia ecc.). Hanno collaborato con Bruno Canino,
Jeffrey Swann, Angela Hewitt, Paolo Restani, Michele Campanella, Emmanuel Pahud,
Enrico Dindo e il tenore José Carreras. Numerose le loro prime esecuzioni di
compositori contemporanei quali Boccadoro, Campogrande, Francesconi, Di Gesu,
Betta e Vlad. Nel 2008 hanno esordito al Mozarteum di Salisburgo e nello stesso
anno hanno ricevuto il premio “Città di Como” per il loro impegno artistico. Nel
2012, in seguito alla loro tournée sudamericana, hanno ricevuto il premio della critica come
miglior gruppo da camera straniero. Nel 2011 il loro disco dedicato ai
Quintetti per pianoforte di Brahms e Schumann è stato recensito come CD “5
stelle” della rivista Amadeus. Ha scritto di loro Riccardo Muti: «...Quartetto
di rara eccellenza tecnica e musicale,…..la bellezza d el suono e la preziosa
cantabilità, propria di chi ha grande dimestichezza anche con il mondo
dell’opera, ne fanno un gruppo da ascoltare con particolare gioia ed emozione».
Sono stati ospiti di Serate
Musicali per la settima volta a partire dal 1979.
Salernitano
di nascita, Emilio Aversano svolge
sin da giovanissimo attività concertistica in recital (Amici della Musica di
Palermo, Festival di Ravello in collaborazione con il Nuovo Quartetto
Italiano), e da solista con orchestra, accompagnato da Filarmoniche quali Bacau,
Ploiesti (Romania), SBS Youth Orchestra della Radiotelevisione di Sidney,
Orchestra delle Università di Parma e di Oslo presso la Oslo University,
Orchestra di Salonicco, con cui nel dicembre 2015 ha suonato il Concerto n.1 di
Ciaikovski nel “Megaròn Concert Hall”. In recital ha suonato a Salisburgo
(Marmorsaal), Bruxelles (Château Sainte-Anne) e a Londra al Benjamin Britten
Theatre at Royal College of Music. Nel 2004 ha suonato al Conservatorio di
Torino, eseguendo con l'Orchestra Filarmonica di Bacau una maratona di tre Concerti
(Mozart K. 488, Ciaikovski n.1 e Rachmaninov n.2). Nel 2008, in un concerto
organizzato da "Serate Musicali" al Teatro Dal Verme di Milano, ha
eseguito una maratona di quattro concerti nella stessa serata (Mozart K488,
Rachmaninov n.2, Ciaikovski n.1 e Liszt n.2). Gian Mario Benzing sul Corriere
della Sera scriverà: «Mai visto nulla di simile (...)». Il 1° ottobre 2010
presso lo stesso Teatro, al concerto d'apertura della stagione di "Serate
Musicali", è stato protagonista di una nuova maratona concertistica
durante la quale ha suonato di seguito, oltre ai quattro Concerti già eseguiti
due anni prima, anche il Concerto di Schumann. Il quotidiano “La Repubblica” ha
dedicato all’evento uno speciale a
cura di Luigi Di Fronzo e il Corriere della Sera ha definito Aversano
l’“inventore di un genere”. A Milano, alla Biblioteca Sormani, per le Serate
Musicali, ha dialogato con Gian Mario Benzing (Corriere della Sera) sul tema
"Beethoven e la poesia di Omero e Shakespeare" e ha eseguito tre
Sonate del compositore tedesco. Presente l’illustre filosofo della musica
Quirino Principe, il quale su "Il Sole 24 ore" scriverà di avere
«avuto la viva illuminazione di quanto possa essere colto e raffinato, ellenico
ed europeo insieme un artista del nostro Sud». Con l’Orchestra Filarmonica di
Bacau, sempre diretta da Ovidiu Balan, nel 2014 ha tenuto di seguito due
importanti maratone pianistiche al Konzertsaal dell'Universitat der Künste di
Berlino e al Gewandhaus di Lipsia. Quest’ultima è stata edita in live recording
nel doppio CD “Maratona al Gewandhaus” nell'ottobre 2015 dal mensile Amadeus,
che ha dedicato al pianista la pagina di copertina oltre che uno speciale sulla
sua attività artistica. Nel novembre 2016 ha presentato la sua maratona al
Musikverein di Vienna, accompagnato dalla Mav Symphony Orchestra di Budapest, concerto
salutato alla fine da un'entusiastica standing ovation del pubblico presente in
gran numero. Terminati gli studi classici, ha conseguito la laurea in Lettere
Moderne col massimo dei voti e la lode presso l'Università di Salerno con una
tesi su “Dante e la musica”. Tra le sue guide quella di Aldo Ciccolini. È
ospite di Serate Musicali dal 2004.
(comunicato stampa)