Venerdì 26 febbraio alle ore 21.00, il pianista sarà protagonista di un
concerto per la Stagione Concertistica di “Serate Musicali” presso il
Conservatorio “G. Verdi”
Salernitano di nascita, residente a Tropea, docente al Conservatorio di Vibo Valentia, famoso per
l’esecuzione di concerti che sembrano vere e proprie maratone (anche 5 concerti
per pianoforte e orchestra eseguiti, a memoria, in una sola serata), Emilio
Aversano sarà
il protagonista del prossimo appuntamento della Stagione Concertistica
2015/2016 di “Serate Musicali”, in programma venerdì 26 febbraio alle ore
21.00, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano.
Concerto di venerdì
26 febbraio ore 21.00
Sala Verdi del
Conservatorio “G. Verdi” di Milano
Via Conservatorio 12,
Milano
Pianista Emilio
Aversano
W. A. Mozart
Fantasia in re minore
K 397
L. v. Beethoven
Sonata in re minore op.
31 n. 2 “La Tempesta”
F. Schubert
Improvviso in sol
bemolle maggiore op. 90 n. 3
W. A. Mozart
Fantasia in do minore
K 475
D. Scarlatti
Sonata in mi maggiore
Sonata in fa minore
L. v. Beethoven
Sonata in fa minore
op. 57 “Appassionata”
Biglietti: Intero €
20,00 - Ridotto € 15,00
Presentando
questo volantino
potrai avere un biglietto a prezzo scontato.
Il programma (testo
di Emilio Aversano)
DA NAPOLI A VIENNA.
VIAGGIO LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE MUSICA
La
Fantasia in re minore K397 di
Wolfgang Amadeus Mozart probabilmente più di ogni altra composizione pianistica
del genio salisburghese interpreta la propensione dei grandi artisti a scrivere
musica evocando eco lontana – ora nel tempo, ora nello spazio – di melodie, il
cui carattere ha impresso, nella loro memoria, un ricordo che li ha
accompagnati durante tutto l'arco della vita terrena. Forse non è del tutto
un'eresia pensare che una tra le chiavi dell'interpretazione moderna possa
essere proprio quella che sottovoce ci piacerebbe definire “poetica dell'eco”.
Si dice che una corretta esecuzione pianistica debba essere la riproduzione
sonora il più possibile fedele ai segni che l'autore ha lasciato in partitura e
concordiamo pienamente, ma se provassimo a trasporre nella magia dell'eco tale
riproduzione, spogliandola di qualsiasi accezione esclusivamente filologica, ci
accorgeremmo che probabilmente molto cambierebbe nell'idea generatrice dell'interpretazione,
lontana dal tentativo di creare sulla tastiera suoni di un'interezza fine a se
stessa e dunque talvolta eccessiva. Quando Napoli era la capitale della musica
e meta obbligata delle tournèe dei più importanti artisti dell'epoca, Mozart, per
volere del padre Leopold, all'età di 14 anni ne fece una tappa fondamentale del
suo primo viaggio in Italia. Non crediamo sia un caso che la melodia della Fantasia K397 appaia come un’eco di
cantabilità intrisa di malinconia, anche melodrammatica, tipica della
sensibilità napoletana. Melodia struggente ma al contempo elegante, nobile nel
portamento, introdotta a sua volta da straordinaria eco bachiana, un preludiare
in arpeggi evocativo d'un'atmosfera di mistero che non lascerà più l'intero
componimento e a cui Beethoven sembra rivolgersi idealmente nel primo accordo
arpeggiato della Sonata op. 31 n.2
"La Tempesta". É un momento di vibrante attesa dell'apparizione
dei temi che si susseguono, pervasi dall'agitazione caratteristica dello Sturm
und Drang, di cui la Tempesta può essere considerata quasi un manifesto
musicale, al di là del titolo che richiama l'omonima commedia di Shakespeare.
Beethoven, tra l'altro, suggerì ai futuri esecutori di leggere quest'opera per
una coerente interpretazione della Sonata. Il primo tempo è di struttura
formale complessa e oggetto di acceso dibattito tra gli studiosi di analisi per
ciò che è attinente all'individuazione dei due temi principali. Ma essendo,
come crediamo, un componimento innanzitutto poetico e profondamente drammatico,
riporta l'eco misteriosa della Fantasia K
397 e, nella forma, lascia pensare proprio a una Fantasia, data la presenza
di tre Temi generati dalla stessa idea di tragedia. Inoltre, un pedale
autografo posto a tre quarti della composizione, esattamente prima della
ripresa, evoca tutta la suggestione di una sezione aurea. Esso crea infatti,
tra le note di uno spoglio recitativo, una lunga eco di risonanza che ricorda
quella sofferta del primo tempo della Sonata
quasi una fantasia op.27 n. 2 detta “Al chiaro di luna” e rappresenta la
climax dell'opera. L'atmosfera pacificata del secondo tempo evoca spunti
virgiliani: il ritmo appare come statico e apre l'immaginazione a un luminoso
paesaggio dai contorni sfumati ove il canto - ora breve, ora più articolato -
sembra provenire da antichi strumenti d'un tratto risvegliatisi o ispirato dai
suoni della natura di fronte alla quale l'uomo contempla la sua solitudine. Si
avverte una nostalgia velata di tristezza, che introduce il terzo tempo, ove un
enigmatico e ossessivo ritmo ternario sostiene un leitmotiv intimamente
sofferto, fino ad accompagnarlo a scomparire quasi inghiottito da se stesso, in
una misterioso pianissimo, eco di lancinante tragedia interiore. La stessa eco
percorre l’anima di Franz Schubert, il compositore che più di ogni altro ha
rappresentato l'artista nel passaggio dall'equilibrio classico alla profonda
sofferenza emotiva di fronte al mistero dell'esistenza. Maestro assoluto nella
composizione di Lieder, proprio in un Lied dal titolo “Der Wanderer” innalzò la
colonna dorica della Wanderer Fantasia, la composizione pianistica ritenuta
universalmente il manifesto musicale del Romanticismo e legata spiritualmente
al dipinto di Caspar David Friedrich, “Il Viandante sul mare di nebbia”. Nel
tema di questo Lied rinveniamo l'eco meravigliosa del metro principe della
poesia classica greca e latina, il dattilo, oltre che delle componenti più
drammatiche della sua musica. Un canto di dolore dalle profondità
imperscrutabili rappresenta la tragica interrogazione che il viandante pone a
se stesso lungo il suo viaggio: “dove?”. Proprio nella melodia Schubert esprime
l'afflato più romantico della sua anima, che percorre interamente una delle sue
composizioni più celebri, l’Improvviso
op. 90 n. 3 in sol bemolle maggiore. Limpido canto sembra fluire sorgivo
attraverso il commovente ricordo di antica bellezza perduta, che riaffiora come
un sogno a occhi aperti. È forse tra le più alte espressioni dell'amore
romantico, ripiegato in se stesso, a proteggere la fragilità dei sentimenti
puri, dove ogni nota si può dire simile a un cristallo d'incontaminata
bellezza. L'estrema delicatezza della sua musica, unita alla grande intensità
emotiva, anticipa quella che sarà la definizione che Schumann ebbe a dare delle
Mazurke di Chopin, brevi pezzi dalla struttura formale semplice ma nello stesso
tempo dalla potenza espressiva inaudita: «cannoni sepolti sotto i fiori».
Aneliti romantici dunque, che pervadono anche quella che è forse la più
complessa tra le opere di Mozart per pianoforte solo, la Fantasia in do minore K475. Il sentiero tragico pare non trovare
fine in questa composizione, che si apre con tre forti (“f”) posti su
altrettante note discendenti, a partire dal do centrale e a distanza di un
tono: do-si bemolle-la bemolle, seguite tutte e tre da improvvise note in
piano, come eco di un rintocco funebre che sembra preludere all'abbandono del
corpo per una rinascita dell'anima a nuova vita. Non è probabilmente un caso
che il canto sereno che pare sorgere dalla nera terra (μέλαινα γαῖα, come
nell'incanto del più celebre frammento poetico di Alcmane) dell'introduzione,
si presenti in re maggiore, tonalità “pastorale”, un tono sopra al do della
tonalità d'impianto della Fantasia. Tale suggestione matematica, insieme al
meraviglioso diradarsi dell'oscurità della tonalità di do minore verso il
luminoso re maggiore, sembra evocare la eco d'un rituale esoterico, di cui
Mozart era interprete grazie all'appartenenza alla loggia massonica "Alla
speranza incoronata" di Vienna. La composizione procede tra un’alternanza
di luci e ombre sempre fitta di impressioni poetiche e si conclude con una
lunga scala di do minore segnata non a caso da tre brevissime interruzioni su
altrettanti “do”, a partire dal do in chiave di basso fino al do acuto. Echi
fantastici si generano copiosi anche negli “Essercizi per gravicembalo” di
Domenico Scarlatti, conosciuti universalmente come Sonate, ove gli spunti
tecnici innovativi (arpeggi, mani incrociate, ottave spezzate, note ribattute)
sono il mezzo straordinario per caratterizzarne il preziosissimo valore
formale. Anche nelle Sonate L 430 in mi
maggiore e L 281 in fa minore, eco di vita quotidiana, di profumi dei
vicoli di Napoli dov'era nato, d'atmosfera mistica della Cappella reale di cui
era compositore e organista, sgorgano dai temi mai freddamente statici ma in
continuo movimento, secondo la concezione classica del moto in sé che rinveniva
nel “patire” il principio originario. Pathos che scaturisce già dal titolo
nella grande Sonata op. 57 di Ludwig
van Beethoven, “Appassionata”. Opera di insuperata forza drammatica, ove
l'appassionata dialettica tra i temi raggiunge il culmine della potenza
espressiva. La cellula originaria dell'intero componimento risiede nel primo
tema di quattro battute in fa minore, preceduto da un levare, dal carattere
profondamente cupo. Da osservarsi che la nota iniziale della sonata è un “do”,
quinto grado “dominante” di fa minore, tonalità d'impianto. Dalla figurazione
ritmica e dagli stessi intervalli delle prime due battute si genera il secondo
tema in la bemolle maggiore, canto che sembra levarsi come una novella aurora
sul deserto di ciò che rimane di sanguinosa pugna e che nasce sempre da un
“do”, che in questo caso funge da terzo grado “modale”. Le seconde due battute
del primo tema partono ancora da “do”, seguite da un breve intervallo di
seconda maggiore (do-re). Ma ciò che immediatamente balza alla nostra
attenzione è l'eco di quest'intervallo, che sfocia rigenerandosi nel tema
dell'Andante con moto, pagina in stile corale con alcune variazioni dove la
ripetizione diventa parte integrante della scrittura. L'atmosfera distesa di
questo secondo tempo è rotta all'improvviso dalla tensione generata da un
accordo di settima diminuita prima in piano e poi in fortissimo, che introduce
il terzo tempo. Tale accordo in Beethoven assume valore di drammaticità
intrinseca, preludendo al vortice di scale e arpeggi che compone quest'ultima
parte, fino al culmine di un Presto, che ha nella scrittura stessa la più alta
densità di tragica accelerazione. Eco del brontolio lontano che Ferdinand Ries,
allievo di Beethoven, raccontò di aver ascoltato dal Maestro dopo il ritorno da
un’improvvisa fuga tra i boschi nel mezzo di una lezione di pianoforte, è
l'ultimo tempo dell'Appassionata, che sembra rappresentarci l'urlo soffocato
dell'essere umano di fronte al fato avverso. Altra eco, questa volta ideale,
proveniente dalle letture disperate tra le quali il genio di Bonn si ritirava
per astrarsi, la ritroviamo nella figura di Ulisse, simbolo di eroe imperituro
che tanto vagò prima di riunirsi per sempre al focolare di casa. “L'amata
immortale”, che per Beethoven sembrerebbe rappresentata nell'Odissea
dall'approdo di Ulisse nell'isola felice dei Feaci, non poteva che essere per
lui la musica, quando, completamente sordo, superando se stesso, compose una
delle più alte opere dell'umanità: la Nona Sinfonia. Eco di Saffo e di Catullo,
di Omero e di Platone, la poesia della vita e dei pensieri di Beethoven
costituisce ancora la commovente eco della bellezza che ognuno di noi
custodisce in segrete stanze. La sua musica sembra chiederci instancabilmente
di tendere l'anima agli aneliti della cultura magnogreca, rinascimentale,
classica, romantica, fonti inestinguibili di sentimenti puri. Sono il nostro
passato, illuminano il nostro futuro. Emilio Aversano
Salernitano
di nascita, Emilio Aversano svolge
sin da giovanissimo attività concertistica in recital (Amici della Musica di
Palermo, Festival di Ravello, anche in collaborazione con il Nuovo Quartetto
Italiano, Teatro Politeama di Catanzaro, ecc.) e da solista con l'orchestra,
accompagnato da Filarmoniche quali Bacau, Ploiesti, SBS Youth Orchestra della
Radiotelevisione di Sidney, City Symphony Orchestra di Salonicco, con cui nel
Dicembre 2015 ha suonato il Primo Concerto di Ciaikovskij nel maestoso
"Megaròn Concert Hall" a Salonicco. Nel
2002 esordisce a Milano per la Società dei Concerti nella Sala Verdi del
Conservatorio, eseguendo nella stessa serata il Concerto n.1 di Ciaikovskij e il Concerto n. 2 di Rachmaninov con l’Orchestra di Bacau diretta da
Ovidiu Balan. Al successo che gli oltre 1600 presenti tributano alla serata
segue la pubblicazione di un CD live edito da Phoenix Classics. Il CD ha
ricevuto ampi consensi dalla critica specializzata (Gazzetta di Parma-Giampaolo
Minardi, Il Sole 24 Ore-Carla Moreni). Nel Giugno 2004 ha poi suonato nella
Sala Verdi del Conservatorio di Torino, eseguendo il Concerto di Mozart K488,
oltre i due già eseguiti a Milano. Seguono recital a Salisburgo (Marmorsaal) e
Bruxelles (Château Sainte-Anne) e il Concerto
n. 2 di Rachmaninov all'Università di Oslo con l'Orchestra delle Università
di Parma e di Oslo. A Londra esordisce al "Benjamin Britten Theatre"
at Royal College of Music e suona all'Istituto Italiano di Cultura. Nel 2008,
in un concerto organizzato da “Serate Musicali” presso il Teatro Dal Verme di
Milano, il pianista ha eseguito una maratona di quattro concerti nella stessa
serata (Mozart K488, Rachmaninov n. 2, Ciaikovskij n. 1 e Liszt n. 2)
suscitando l'entusiasmo di Gian Mario Benzing (Corriere della Sera): "Mai
visto nulla di simile (...)". Il 1° Ottobre 2010 presso lo stesso teatro,
al concerto d'apertura della stagione delle "Serate Musicali" di
Milano, è stato protagonista di un'altra maratona concertistica durante la
quale ha suonato di seguito, oltre ai quattro concerti già eseguiti due anni prima,
anche il Concerto di Schumann. “La Repubblica” ha dedicato all’evento uno
speciale con un'intervista al pianista. Nel 2013 ha tenuto una nuova maratona
musicale per le "Serate Musicali" di Milano presso la Sala Verdi del
Conservatorio di Milano e nell'occasione il TG1 ha trasmesso un servizio con
un'intervista al pianista, che dal Corriere della Sera è stato definito l'
"inventore di un genere"; la stessa testata gli ha poi dedicato una
pagina sul settimanale "Sette", a firma di Gianluca Bauzano. Ancora a
Milano, alla Biblioteca Centrale, per le Serate Musicali, è stato prima in
dialogo con Gian Mario Benzing (Corriere della Sera) sul tema "Beethoven e
la poesia di Omero e Shakespeare" e poi ha eseguito tre Sonate del
compositore tedesco. Presente l'illustre filosofo della musica Quirino
Principe, il quale su "Il Sole 24 ore" scriverà: “…incontrando a
Milano il pianista Emilio Aversano, avevamo avuto la viva illuminazione di
quanto possa essere colto e raffinato, ellenico ed europeo insieme un artista
del nostro Sud”. Con l'Orchestra Filarmonica di Bacau, sempre diretta da Ovidiu
Balan, nell'Ottobre 2014 ha tenuto di seguito due importanti maratone
pianistiche alla Konzertsaal dell'Universitat der Kunste di Berlino ed al
Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultima è stata edita in live recording nel doppio
CD "Maratona al Gewandhaus" nell'Ottobre 2015 dal mensile
Amadeus, che ha dedicato al pianista la pagina di copertina oltre che uno
speciale sulla sua attività artistica ed intellettuale. A questa pubblicazione,
in esclusiva per l'Italia, seguirà dal Gennaio 2016 l'edizione internazionale a
cura della Electrecord di Bucarest. I prossimi concerti lo vedranno impegnato
in recital nella prestigiosa stagione 2016 delle "Serate Musicali"
nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano, in un programma dal titolo “Da
Napoli a Vienna”, e con l'Orchestra Sinfonica di Sanremo al Teatro dell'Opera
di Sanremo. Vincitore del concorso a cattedra per titoli ed esami, è docente di
pianoforte principale presso il Conservatorio di Vibo Valentia. Dopo aver
concluso col massimo dei voti gli studi classici, si è diplomato in pianoforte
col massimo dei voti, la lode e la menzione speciale ed ha conseguito la laurea
in Lettere Moderne con 110 e lode presso l'Università di Salerno con una tesi
su "Dante e la musica". Tra le sue guide quella prestigiosa di Aldo
Ciccolini.
Adriana Benignetti