È
stato istituito a Napoli, nell’ambito
del patrimonio documentale di MeMus – Museo e Archivio storico del Teatro di
San Carlo, il Fondo Alfano-Maione
Una serie di foto, documenti,
partiture e carteggi che testimoniano il felice rapporto tra il celebre
compositore napoletano Franco Alfano (Napoli, 8 marzo 1876 – Sanremo, 26
ottobre 1954) e Rino Maione (Airola, Benevento, 16 ottobre 1829 – Formia, 22
maggio 2012), musicologo e direttore d’orchestra sannita: è questo il Fondo
Alfano-Maione, istituito presso Memus – Museo e Archivio storico del Teatro di
San Carlo di Napoli. Il Fondo nasce grazie a una donazione degli eredi di Rino
Maione: i figli Orazio e Renata.
Ed è proprio quest’ultima a spiegare,
nel testo che segue, il senso e gli obiettivi dell’istituzione di questo Fondo.
(Testo di Renata Maione)
Lo
spirito che ha determinato la costituzione del Fondo Alfano-Maione è quello di
preservare nel tempo documenti e musiche dei due artisti con l’augurio, e la
speranza, che da questo possano prendere l’avvio ricerche sistematiche e
approfondite del materiale in esso conservato. Il Fondo è costituito da oltre
130 documenti tra carteggi, manoscritti e edizioni musicali, fotografie,
programmi di sala, rassegna stampa e registrazioni sonore che consentono di
tratteggiare il profilo del mondo musicale di un trentennio del ‘900, fino alla
scomparsa del M° Alfano avvenuta il 27 ottobre del 1954, attraverso la cronaca
spesso salace e sempre arguta che l’allora già famoso musicista ne fa nel suo
epistolario con le personalità più illustri del mondo musicale del tempo:
Tullio Serafin, Ildebrando Pizzetti, Umberto Giordano, Gian Francesco
Malipiero, Arthur Honegger, Riccardo Zandonai. Tra le altre una lettera del
1949 all’allora Sovrintendente del Teatro San Carlo, Pasquale Di Costanzo, in
cui, in merito a una possibile rappresentazione nel Massimo partenopeo
dell’opera Madonna Imperia, il
compositore parla di “camorra viennese” facendo riferimento alla Casa Editrice
Universal con cui aveva firmato un contratto.
In
questi scritti affiora l’amarezza di un uomo retto che si trova di fronte a
clientelismi e favoritismi di un ambiente musicale che “più che all’arte bada
al guadagno”. Quasi tutte le lettere sono autografe, poche in copia, alcune in
francese, lingua che Alfano parlava e scriveva correntemente grazie al suo lungo
soggiorno parigino: lo stile è scorrevole, discorsivo, talora ricco di battute
che rivelano l’origine napoletana del compositore. Il tono, pur sempre
brillante e spiritoso, nelle lettere alla moglie Marta e alla figlia adottiva
Nina si permea di una indicibile dolcezza, è ricco di premura, intimo,
dettagliato nei racconti quasi a voler annullare la distanza geografica che,
spesso, da loro lo separava.
Anche
nelle lettere indirizzate a Rino Maione il tono è affettuoso, si direbbe quasi
paterno: manifesta sentimenti di stima e apprezzamento per l’attività artistica
del giovane musicista; condivide con lui giudizi su esponenti del mondo
musicale esprimendo la sua visione lucida e disincantata: “Gli operisti, anche
i più dotati, finiranno per scoraggiarsi... scriveranno musiche per films [sic]
o peggio: scriveranno canzoni”; chiede collaborazione quando, nell’incendio
della sua casa di Torino, va distrutta tutta la sua rassegna stampa. Accorato e
quasi profetico il tono della lettera del 7 giugno 1953 in cui, pur
rallegrandosi per gli impegni artistici che portavano in America Rino Maione,
scrive “se non tornaste presto, non vi rivedrei più…” (qui Alfano fa
riferimento a Rino e alla moglie Anna Maria Pennella, celebre pianista, che con
lui partiva).
E
Rino Maione ha ricambiato tale affetto con un sentimento di ammirazione e stima
che non si è affievolito nel corso di tutta la sua lunga vita: a partire dagli
anni ’60, di ritorno dal lungo e fortunato soggiorno in Colombia, si è speso
perché l’artista e l’uomo Franco Alfano venisse ricordato e riconosciuto.
Ancora negli ultimi anni ha continuato a scrivere di lui, a chiedere agli Enti
Lirici di riproporre le opere di quello che Paolo Isotta definisce “…insieme
con Respighi il più grande compositore lirico del Novecento” (Corriere della
Sera, 11 gennaio 2005).
A
Rino Maione si deve la curatela dell’unica monografia contemporanea Franco Alfano. Presagio di tempi nuovi con
finale controcorrente, edita da Rugginenti, in cui egli stesso tratta “La
Lirica vocale da camera”. Nel 1960 e nel 1975 ha diretto l’orchestra della RAI
di Torino effettuando due registrazioni di brani del M° Alfano; ha
“corteggiato” a lungo il soprano Magda Olivero, protagonista della Sakùntala romana del 1940 diretta da
Tullio Serafin, per poter continuare con lei a eseguire e promuovere lo
splendido repertorio di liriche del musicista nato a Posillipo.
Spesso
Maione si recava a Sanremo per incontrare la signora Nina: ella era fonte
inesauribile di notizie e le loro chiacchierate avevano, naturalmente, come
argomento unico e amato il Maestro. Molto del materiale che costituisce il
Fondo Alfano-Maione proviene da questi incontri; la signora Nina stimava molto
il musicista napoletano e, soprattutto, ammirava l’affetto e la dedizione che
questi, a distanza di tanti anni, nutriva e manifestava nei confronti di suo
padre. Ancora una volta profetico Alfano scriveva nella lettera del 25 maggio
1953 indirizzata a Rino Maione: “Vedrai che sarai il supremo conoscitore della
mia schietta arte”.
Tra
le molte partiture di musiche orchestrali e spartiti di opere comprese nel
Fondo vi è anche il manoscritto autografo di Alfano della lirica Al chiaro della mattina, su testo di F.
De Lupis, che fa parte delle Sei Liriche
op.3 e rece in calce questa frase:
S. Remo
6 sett. ’46
nota per me = Quarantasette anni fa,
al 6 settembre ero moribondo = Oggi scrivo musica…….ancòra!!!....
FA
Adriana Benignetti