venerdì 19 maggio 2017

"L’importanza di Johann Sebastian Bach" di Daniel Barenboim

«In altre parole, Il clavicembalo ben temperato non solo è la summa di tutte le esperienze che lo hanno preceduto, ma indica anche la strada futura. Nella storia della musica europea sono pochissimi i compositori di cui si possa dire questo»


Daniel Barenboim (Buenos Aires, 1942)


“Sono cresciuto a Bach”


Sono cresciuto a Bach. Mio padre fu in pratica il mio unico insegnante e attribuiva grande importanza al fatto che mi formassi sulla musica per tastiera di Bach. Per lui quelle erano le opere fondamentali, non solo per i loro aspetti tecnici e musicali, ma anche ai fini dell’esecuzione di qualsiasi brano per pianoforte. 


Mio padre era convinto che la dimensione polifonica della musica fosse una delle questioni più cruciali fra tutte quelle che concernono il pianismo. Il pianoforte in sé non è in grado di sedurre con la semplice forza del suono. L’ascoltatore può essere affascinato dal suono delizioso del violino, per esempio, o dell’oboe. Il pianoforte, invece, è uno strumento neutro, e l’arte pianistica implica la destrezza manuale. 

Con il pianoforte si può creare l’illusione di un legato benché, in senso fisico, il legato sia impossibile. È tuttavia possibile creare l’illusione di un suono sostenuto simile a quello degli strumenti ad arco. Nell’esecuzione pianistica l’elemento sinfonico è la parte più significativa. La musica risulta interessante solo se i diversi fili della trama polifonica vengono suonati in maniera così nitida che sia possibile distinguerli tutti, creando un effetto tridimensionale – proprio come in pittura, quando un oggetto viene posto in primo piano e un altro sulla sfondo, così che l’uno appaia più vicino all’osservatore dell’altro, benché il dipinto sia piatto e unidimensionale. Da bambino ho suonato praticamente tutti i preludi e le fughe del Clavicembalo ben temperato e molti altri brani di Bach. Queste furono le mie basi. 

A dodici anni mi trasferii a Parigi per studiare armonia e contrappunto con Nadia Boulanger. Quando arrivai per la mia prima lezione, sul leggio del pianoforte a coda c’era Il clavicembalo ben temperato. Nadia Boulanger si mise a sfogliare le pagine avanti e indietro; alla fine scelse il Preludio in mi minore dal Libro I e disse: “Bene, ragazzo mio, adesso questo me lo suoni in la minore”. Prese un righello, e quando suonavo una nota sbagliata mi dava un colpetto sulle dita. In questo modo i brani del Clavicembalo ben temperato diventarono le fondamenta di tutto. 

Mio padre mi insegnò anche un’altra cosa, che trovai espressa in parole solo da adulto – in un libro su Franz Liszt a Weimar. Una volta Liszt, si racconta nel libro, spiegò a un allievo che il pianoforte non andrebbe suonato con due mani intese come due unità. O lo si suona come un’unità composta da due mani, oppure come dieci unità in cui ciascun dito è indipendente. Si tratta di un consiglio importantissimo. Fui felice di imbattermi in questa osservazione che mi permise di capire una volta di più l’insegnamento che mio padre mi aveva trasmesso a suo tempo senza tradurlo in parole. Non c’è altro modo di affrontare Bach. Si può facilmente immaginare un notturno di Chopin con la mano destra che suona la melodia e la sinistra l’accompagnamento, senza polifonia. Ma cero le opere per tastiera di Bach esigono che le dieci dita siano indipendenti l’una dall’altra. E se lo sono, possono essere ricongiunte per creare un’unità.

Uno degli elementi della musica tonale più di sovente trascurati oggigiorno è l’armonia. Le tensioni armoniche hanno un effetto decisivo su un’opera e sul modo in cui viene suonata. Dei tre elementi – armonia, ritmo e melodia – che influiscono in maniera così profonda sulla musica tonale, l’armonia è forse il più importante, perché è il più potente. Si può suonare il medesimo accordo con milioni di ritmi diversi. L’accordo li regge tutti senza bisogno di trasformarsi. Ma una melodia è priva di interesse se non procede armonicamente; quindi l’impatto dell’armonia dev’essere assai più grande di quello del ritmo e della melodia, ed è presente in ogni opera tonale. Vi sono migliaia di differenza fra Bach, Wagner, Čajkovskij e Debussy, ma essi hanno tutti una cosa in comune: la forza d’urto dell’armonia. Ciò significa che l’accordo esercita una sorta di pressione verticale sul movimento orizzontale della musica. 

Quando l’accordo progredisce, il flusso orizzontale della musica ne viene modificato. E questo non dipende da Bach, da Chopin o da chiunque altro; a mio avviso si tratta di una legge di natura. Lo studio degli strumenti antichi e la pratica delle esecuzioni filologiche ci hanno insegnato moltissimo, ma il punto principale, l’impatto dell’armonia, è stato trascurato. Lo dimostra il fatto che i sostenitori di tale orientamento considerano il tempo un fenomeno indipendente. Si ritiene che una certa gavotta di Bach vada suonata in maniera veloce e un’altra in maniera lenta. Ma il tempo non è un elemento indipendente! Il tempo in sé non lo ode nessuno! Udiamo solo la sostanza della musica. Ed è questa concreta udibilità che informa ogni tipo di teoria musicale. Potrei elaborare una teoria applicabile a tutte le frasi di tutti i preludi o le fughe di Bach, ma ogni teoria è inutile se non la si può udire quando la si suona. Credo che impegnarsi esclusivamente nella pratica delle esecuzioni filologiche, tentando di riprodurre il suono del modo antico di fare musica, sia limitante; inoltre, certo non è segno di progresso. Mendelssohn e Schumann cercarono di inserire Bach nella propria epoca, esattamente come fecero Liszt con le sue trascrizioni e Busoni con i suoi arrangiamenti. Negli Stati Uniti, anche Leopold Stokowoski fece il medesimo tentativo con i suoi arrangiamenti per orchestra. Si trattò sempre di uno sforzo “progressista” per avvicinare Bach ai propri contemporanei. 

Non ho niente da eccepire sul piano filosofico se qualcuno suona Bach facendolo assomigliare a Boulez. Ho maggiori perplessità verso coloro che si sforzano di imitare il suono di un’altra epoca. Per cercare di riprodurli, non mi basta sapere che ai giorni di Bach una certa appoggiatura veniva eseguita in maniera lenta e l’abbellimento in maniera veloce. Devo capire perché si suonava così. Considero molto pericoloso un approccio esclusivamente accademico al passato, perché è connesso all’ideologia e al fondamentalismo persino in musica. E oggi assistiamo in tutto il mondo a sofferenze e violenze che sono il frutto del fondamentalismo.

Nelle opere di Bach c’è un legame potente fra ritmo e armonia. Esiste una relazione simbiotica fra questi due elementi, come probabilmente in nessun altro compositore. Forse è tale relazione a determinare quella che si potrebbe definire la qualità epica di Bach, proprio come c’è una qualità drammatica in Haydn, Mozart e Beethoven. Grazie a questa qualità epica tutto, nella musica di Bach, raggiunge l’unità. La Fuga in do diesis nel Libro I del Clavicembalo ben temperato ne fornisce un esempio eccellente. È come una danza dotata di immensa vitalità ritmica. Tutto ciò che possiamo apprendere affrontando l’armonia si rivela straordinariamente utile. Adesso, quando studio o suono Il clavicembalo ben temperato mi tornano spesso alla mente diverse esperienze musicali – con Mozart, Wagner Schönberg e tanti altri – e mi accordo che quanto più cresce la conoscenza generale della musica, tanto più interessante diventa l’esecuzione.


Perché Bülow dice che Il clavicembalo ben temperato è come il Vecchio Testamento? Cos’è il Vecchio Testamento? Da un lato è la storia di un popolo e delle sue esperienze. Dall’altro è una raccolta di riflessioni sulla vita mondana, sull’amore, l’etica, la morale e la natura degli uomini. Le considerazioni sulle esperienze del passato offrono un rapporto con il presente e anche una lezione per il futuro, mostrando alle persone ponderate dove e come trovare la propria strada. Ecco cosa rappresenta per me il Vecchio Testamento, al pari di ogni altro capolavoro, compreso Il clavicembalo ben temperato. Quest’opera ci trasmette ogni suo precedente musicale. Ci trasmette la musica al tempo di Bach. Ma ci mostra anche la strada che la musica potrebbe prendere a mano a mano che si sviluppa – la strada che in effetti è stata presa. Per esempio, il cromatismo del Preludio in do diesis minore del Libro I fa pensare al Wagner del Tristan und Isolde. E la Fuga in mi bemolle sembrerebbe uscita da una sinfonia di Bruckner. In altre parole, Il clavicembalo ben temperato non solo è la summa di tutte le esperienze che lo hanno preceduto, ma indica anche la strada futura. Nella storia della musica europea sono pochissimi i compositori di cui si possa dire questo. Ecco uno dei motivi principali che spiegano la statura torreggiante della musica di Bach.

(Registrazione a cura di Axel Brüggemann)

Testo tratto da Daniel Barenboim, La musica sveglia il tempo, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 20084, pp. 129-133.