Lunedì 7 novembre alle ore 21.00, l’orchestra, diretta da Lorenzo
Passerini, sarà protagonista di un concerto per la Stagione 2016/2017 di Serate
Musicali: solisti Enrico Pompili, Scipione Sangiovanni e Alex Elia. In programma musiche
di Ratti, Franck, Liszt e Beethoven
Per l’occasione, lunedì
7 novembre alle ore 21.00, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, l’orchestra
eseguirà musiche di Ratti, Franck, Liszt e Beethoven. Solisti, i pianisti Scipione Sangiovanni e Enrico Pompili.
Sala Verdi, Conservatorio “G. Verdi”
di MIlano
Via Conservatorio 12,
Milano
Lunedì 7 novembre
2016 ore 21.00
"Omaggio a Michelangeli - I "
Direttore: LORENZO PASSERINI
Pianista : SCIPIONE SANGIOVANNI
Pianista : ENRICO POMPILI
Tromba: ALEX ELIA
Direttore: LORENZO PASSERINI
Pianista : SCIPIONE SANGIOVANNI
Pianista : ENRICO POMPILI
Tromba: ALEX ELIA
PIERGIORGIO RATTI (1991)
«Post Scriptum» per tromba e orchestra
Tromba Alex
Elia
CÉSAR
FRANCK (1822
- 1890)
Variazioni Sinfoniche
per pianoforte e orchestra M.46
Poco
allegro (fa diesis minore)
Pianista
Enrico Pompili
FRANZ LISZT (1811
– 1886)
Totentanz (Variazioni
sul “Dies irae”) per pianoforte e orchestra
Tema: Andante; Allegro moderato; Marcato; Molto vivace;
Lento; Vivace, allegro animato Pianista
Scipione Sangiovanni
LUDWIG
VAN BEETHOVEN (1770
– 1827)
Sinfonia n. 5 in do
minore op. 67
Allegro
con brio; Andante con moto; Allegro; Allegro
Biglietti: Intero €30,00
- Ridotto €25,00
Il programma (dal libretto di sala di Serate Musicali)
Il programma (dal libretto di sala di Serate Musicali)
PIERGIORGIO RATTI
«Post
Scriptum» per tromba e orchestra
«La
tromba è uno strumento utilizzato in quasi tutti i generi musicali, dalla
musica da camera alla musica sinfonica, dal jazz al blues, dalla pop music alla
musica da film. Post scriptum è la postilla alla storia percorsa fino ad ora da
questo strumento, è il momento in cui la tromba ripercorre una parte dei suoi
stilemi tipici, mescolando
alla tradizione gli ultimi appunti derivanti dalla contemporaneità. Il brano è
un "tema e variazioni", un pastiche di generi, stili e tecniche, che
ha l'ambizione di collocarsi nel filone di musica contemporanea postmoderna.
Siate curiosi, affamati ed esigenti».
Piergiorgio Ratti
CÉSAR
FRANCK
Variazioni
Sinfoniche per pianoforte e orchestra M.46
Le
Variazioni sinfoniche, composte nel
1885 ed eseguite per la prima volta a Parigi l'anno successivo, si considerano
dai più come il capolavoro di César Franck e fino all'apparizione dei due
concerti di Ravel sono stati il solo Concerto per pianoforte di compositore
«latino» che facesse parte del normale repertorio internazionale. L'originalità
di questo brano è già adombrata nel suo titolo: Variazioni, ma sinfoniche, cioè
non semplicemente allineate l'una dopo l'altra come voleva la tradizione, ma
rifuse in una struttura complessa e unitaria, nello spirito della Sonata o
della Sinfonia. L'impresa aveva avuto qualche precedente, basti citare il
finale della Sinfonia Eroica; ma non era mai stata affrontata in modo tanto
radicale, tanto meno portata a compimento in modo cosi perfetto. Non si
trattava d'altronde, per Franck, di una scommessa formalistica, ma di qualcosa
che riguardava la radice stessa del suo modo di comporre; perché in Franck è
sempre latente un conflitto fra l'abbandono all'improvvisazione (la mistica
«meditazione musicale» all'organo era in lui pratica quotidiana, e il seminario
della sua fantasia) della quale la variazione è veicolo tipico, e l'opposta
aspirazione all'unità tematica e formale. Non è dunque da stupire se la
soluzione del conflitto gli riuscì con tanta felicità appunto in un .pezzo
concertante: dove il fattore improvvisazione, invece di diffondersi in tutto il
tessuto musicale, poteva impersonificarsi in un solista posto di fronte
all'orchestra, e così avviarsi a divenire elemento specifico d'una dialettica.
Tutta la composizione deriva da due motivi di quattro battute ciascuno, esposti
immediatamente all'inizio, il primo dall'orchestra, il secondo dal pianoforte.
Questi due temi si rispondono più volte l'un l'altro; e intanto il primo si
trasforma in un tema più chiaramente determinato (mentre all'inizio era quasi
soltanto uno spunto ritmico), e il secondo dà luogo, tra l'altro, a un'eloquente
squarcio del pianoforte solo. A questo gioco di domande e risposte, che forma
l'introduzione del pezzo, seguono sei variazioni vere e proprie che ne
costituiscono quello che, in un normale concerto, sarebbe il suo primo tempo.
Queste variazioni, che cominciano col pianoforte solo, si riferiscono
esclusivamente al primo motivo, nella forma in cui s'è precisato nel corso
dell'introduzione; e l'ultima, in fa diesis maggiore, costituisce anche il
ponte per passare senza interruzione al brano che ha funzione di «adagio»,
attraverso un mormorio di sestine del pianoforte che fioriscono il tema
dell'orchestra. Alla fine della variazione infatti, senza mutare tempo, le
sestine del pianoforte divengono semplici arpeggi, i quali improvvisamente si
oscurano modulando in fa diesis minore: a questo punto entra nei violoncelli il
tema numero due (quello che nell'introduzione era stato monopolio del
pianoforte e nel «primo tempo» era scomparso), con un effetto di straordinaria
intensità lirica. E' questo il breve brano che funge da secondo tempo; esso
termina con un trillo del pianoforte sulla dominante da cui scatta, di nuovo in
fa diesis maggiore, l'allegro finale, concepito in una sorte di sintesi della
forma-sonata con due temi: i quali sono, ancora una volta, trasformazioni dei
due motivi fondamentali del brano.
FRANZ
LISZT
Totentanz
(Variazioni sul “Dies irae”) per pianoforte e orchestra
Totentanz, è una libera rielaborazione
d'antiche melodie. Circa nel 1838, mentre osservava il grande affresco del Trionfo della Morte nel Camposanto di
Pisa, Liszt ebbe l'idea di una composizione in cui una melodia profondamente
legata all'idea della morte, cioè la sequenza gregoriana del Dies irae, fosse
protagonista di un Concerto per pianoforte e orchestra di tipo completamente
nuovo. Ne iniziò la composizione ma la lasciò allo stato d'abbozzo, per
riprenderla negli anni di Weimar e portarla a termine nel 1849; in seguito
tornò più volte su questa prima versione, fino a darle l'aspetto definitivo nel
1859. Ma la prima esecuzione ebbe luogo soltanto il 15 aprile 1865, a l'Aja,
col titolo di Totentanz (Danza macabra):
sul podio il grande direttore olandese Johannes Verhulst e al pianoforte Hans
von Bülow, alle cui straordinarie risorse di forza e tecnica pianistica è
dedicato "con la massima stima e
riconoscenza" questo pezzo di trascendente virtuosismo. L'abitudine
lisztiana di non considerare mai un'opera definitivamente conclusa, ma di
modificarla ogni volta che gli tornava fra le mani, adeguandola alle mutate
circostanze esterne o alle nuove concezioni artistiche, rende estremamente
intricato il suo catalogo, perché sotto un unico titolo si possono nascondere
composizioni profondamente diverse. È il caso di Totentanz, di cui si esegue comunemente la versione "rivista
secondo le indicazioni dell'autore" che è stata edita dal pianista e
compositore russo Alexander Siloti, allievo di Liszt nonché fondatore nel 1885
della Liszt Gesellschaft. Però nel 1919 Ferruccio Busoni ne ha pubblicato una
diversa versione, che egli riteneva risalire al 1849 e che invece costituisce
uno stadio intermedio, del 1853: questa versione differisce da quella
pubblicata da Siloti per molti aspetti. D'altronde già un contemporaneo di
Liszt aveva saputo leggere a fondo in questa musica, affermando che «non è una
piacevole e divertente pittura di genere, ma un pezzo di carattere serio ed
espressivo, il cui contenuto poetico va molto al di là dei limiti delle
variazioni da concerto».Questa composizione può essere descritta come tre
blocchi di variazioni sul Dies irae separati da due cadenze pianistiche, più
un'introduzione e una coda: ma, come il trecentesco affresco di Pisa è
costituito da episodi accostati l'uno all'altro e svincolati dalle leggi della
prospettiva, così il Totentanz
lisztiano non segue alcun ordinamento simmetrico di tipo classico e si sviluppa
con voluta e sottolineata discontinuità formale, mentre alla coerenza ideale
provvedono i ritorni del Dies irae, il cui ossuto profilo melodico spunta in
ogni angolo, ora terrificante, ora grottesco. In questa serie di libere
variazioni sul Dies irae (ma alcune sfruttano anche il De profundis) la
fantasia poetica e l'inventiva tecnica di Liszt non si arrestano di fronte ai
precetti del "buon gusto" o a qualsiasi altro ostacolo ma inseguono
ad ogni momento l'ideale romantico di superare ogni limite, di dire una parola
mai udita e stupefacente, di spezzare ogni legame con il passato, con l'ordine,
con le regole. Si riconosce, in questa straordinaria partitura, una miniera di
spunti assolutamente geniali, che i compositori più giovani mediteranno
attentamente. Il trattamento del pianoforte va oltre il mero virtuosismo: il
virtuosismo c'è, ma non ha la funzione di decorare il pezzo, bensì serve a
ottenere una grande varietà ritmica e un colore timbrico inconsueto, raggiunto
anche con effetti percussivi e con lo sfruttamento delle zone estreme della
tastiera, sia verso il grave che verso l'acuto. Anche il dialogo tra solista e
orchestra si sviluppa in combinazioni sempre nuove. Liszt amplia la consueta
orchestra ottocentesca, aggiungendovi lo strumento a fiato più acuto -
l'ottavino - e quello più grave - la tuba - e una sezione di percussioni
alquanto nutrita: la ricca e piena sonorità orchestrale così ottenuta viene
alternata a passaggi d'intimità cameristica, in cui accanto al pianoforte sta
un solo strumento o un piccolo gruppo (magari anche insolito: per esempio,
flauto, triangolo, viole e violoncelli), il tutto ciò fa di Totentanz una delle più affascinanti
pagine lisztiane.
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
La
nascita della Quinta Sinfonia, dedicata al principe Lobkowitz e al conte
Rasumowsky, si colloca tra il 1804 il 1808, anche se l'anno della sua stesura
definitiva è il 1807. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo il 22 dicembre
del 1808 al teatro An der Wien in un
memorabile concerto tutto beethoveniano diretto dall'autore, comprendente fra
l'altro la Sesta Sinfonia, il Quarto Concerto per pianoforte, la Fantasia
con coro op. 80. Fin dalle prime esecuzioni l'opera suscitò l'entusiasmo della
critica più incline alla nuova sensibilità romantica, come testimoniò E. Th. A.
Hoffmann che ne intuì «l'unitarietà e la logica interiore» oltre il cliché del
Beethoven "sfrenato" sostenuto dalla critica erudita. La Quinta,
forse la più eseguita e la più universalmente conosciuta delle nove Sinfonie, è
considerata il paradigma del sinfonismo beethoveniano nel senso che nessuna
altra opera presenta le caratteristiche, quasi le idiosincrasie del linguaggio
di Beethoven con altrettanta chiarezza e concisione. Nel primo movimento (Allegro
con brio) la forma-Sonata ha il suo teorema: nessuna pagina aveva mai
organizzato il principio del contrasto, del "patetico" schilleriano
con una tale integrazione fra scansione ritmica e invenzione tematica: tutto
muove da una idea di quattro note («Ecco il destino che batte alla porta» come
avrebbe detto Beethoven) che invadono ritmicamente tutto lo spazio disponibile
cancellando ogni distinzione fra disegno e ornamento. L'Andante con moto,
senza rigidità strofica, è impostato come un tema con variazioni, interrotte
per tre volte da improvvise fanfare degli ottoni. Lo Scherzo (Beethoven non usa più questo termine, ma solo Allegro)
amplia la sua tradizionale funzione di pezzo di alleggerimento con il colore
sinistro, in pianissimo, dei contrabbassi: questi strumenti (al cui virtuosismo
solistico Beethoven si era interessato in quel tempo tramite l'italiano
Dragonetti) aprono il trio intermedio, in stile fugato nel modo più volte
adottato nella Sinfonia Eroica. Per la prima volta (in una Sinfonia)
Beethoven collega direttamente i due ultimi movimenti: il ritmo dello Scherzo (una reminiscenza del quale
tornerà nel Finale) si dissolve in
pianissimo e in un lungo episodio di transizione (solo il timpano esprime il
movimento ritmico, mentre gli archi tengono la stessa nota per 15 battute) si
comprime l'energia che investe il finale (Allegro), grandiosa
costruzione su concetti semplici come l'inno e la marcia. La sonorità dei
tromboni (mai usati prima da Beethoven in una Sinfonia), la conclusione della
pagina da Sempre più Allegro a Presto, l'insistenza sulla cadenza
finale, danno un carattere di apoteosi riassuntiva dell'intera Sinfonia.
L’Orchestra Antonio Vivaldi nasce
nel dicembre 2011 e in poco tempo diventa una stabile realtà che vanta
collaborazioni con importanti associazioni, festival e istituzioni italiane. Attualmente
consta di una sessantina di elementi, selezionati tra i più promettenti giovani
musicisti del panorama italiano. Ha all'attivo più di cento concerti sinfonici,
tenutisi in importanti teatri e luoghi concertistici quali la Sala Verdi del
Conservatorio di Milano, il Teatro dell’Arte di Milano, l'Auditorium de La Gran
Guardia di Verona, il Teatro Sociale di Como, il Teatro Comunale di
Vicenza, il Teatro Manzoni di Monza, il Teatro Civico di Tortona e il
Teatro Juan Bravo di Segovia (Spagna). Il repertorio dell'Orchestra
Antonio Vivaldi spazia dalla musica barocca a quella romantica, sino
ad abbracciare la musica contemporanea. L'orchestra è stata dedicataria di
brani dei compositori Piergiorgio Ratti, Antonio Eros Negri, Andrea
Battistoni e Silvia Colasanti. Vanta collaborazioni con direttori d’orchestra
di calibro internazionale e con musicisti di fama mondiale, quali Andrea
Battistoni, José Luis Gomez, Francesco Manara, Giampaolo Pretto,
Giuliano Sommerhalder, Francesco Tamiati, Stefan Schulz, Michel
Becquet e Leonora Armellini. L'Orchestra Antonio Vivaldi per
il biennio 2015/2016 è l’orchestra residente della stagione concertistica
milanese di Serate Musicali con tre differenti programmi sinfonici. La
giovanissima direzione artistica è composta da Lorenzo Passerini (direttore
musicale), Piergiorgio Ratti (compositore residente) e Olga Introzzi
(segretario artistico). L’attività dell’Orchestra Antonio Vivaldi è
sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e
dalla Regione Lombardia.
Nato
a Morbegno nel 1991, Lorenzo Passerini si diploma a pieni voti in trombone al Conservatorio di
Como nel 2009. Consegue nel 2014 il Diploma Accademico di II Livello presso il
Conservatorio di Aosta con il massimo dei voti e lode. Come trombonista ha
intrapreso tournée in tutto il mondo sotto la direzione di John Axelrod, Andrey
Boreyko, Fabio Luisi e Riccardo Muti. Parallelamente alla professione da
strumentista, nel 2010 inizia lo studio della direzione d'orchestra con Ennio
Nicotra. Ha frequentato lezioni di John Axelrod, Massimiliano Caldi, Gilberto
Serembe e Antonio Eros Negri. Attualmente studia con Pietro Mianiti e Oleg
Caetani; di quest'ultimo è anche assistente. Fondatore dell'Orchestra Antonio
Vivaldi, inizia la sua carriera di direttore debuttando nel dicembre 2011. Da
allora si è esibito in oltre cento concerti sinfonici in tutto il territorio
nazionale e non solo. Ha collaborato con Francesco Manara, Giampaolo Pretto,
Leonora Armellini, Giuliano Sommerhalder, Maxim Rysanov, Vincenzo Balzani,
Francesco Nicolosi, Roberto Cappello, Michel Becquet e Francesco Tamiati. Il
suo repertorio spazia dal barocco al classico, dal romantico al contemporaneo.
É dedicatario di brani in prima esecuzione assoluta di Piergiorgio Ratti,
Antonio Eros Negri e Andrea Battistoni. É attivo anche nel campo dell’opera
lirica. Ha diretto Don Pasquale nel
2013, L’Elisir d’amore nel 2014, La Traviata nel 2015, Il Barbiere di Siviglia e La Serva Padrona nel 2016. Future
produzioni lo vedranno impegnato ne La
Cenerentola e Tosca. A dicembre
2016 dirigerà un concerto lirico sinfonico con la straordinaria partecipazione
di Luciana Serra, presso il Teatro Sociale di Sondrio. Dal 2015 è assistente di
Nicola Luisotti in produzioni operistiche nei maggiori teatri europei.
Nell'autunno del 2018 sarà suo assistente nella produzione che vedrà in scena "Turandot" di Giacomo Puccini
al Teatro Real di Madrid. Nel 2016 ha debuttato come direttore ospite
dell'Orchestra ICO della Magna Grecia e l'Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
(in occasione del XXVIII concorso lirico internazionale "Iris Adami
Corradetti"). Nel 2017 dirigerà l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe
Verdi, l'Orchestra della Fondazione Arena di Verona, l'Orchestra Sinfonica di
Grosseto, l'Orchestra Sinfonica di San Remo, l'Orchestra Malipiero di Mantova,
l'Orchestra Camerata Vienna etc…
Adriana
Benignetti