Il Sovrintendente del Teatro Lirico di
Cagliari risponde con un comunicato alla note della
sigla sindacale USB diffusa lo scorso 4 agosto 2016
Appare
legittima la preoccupazione espressa dalla sigla sindacale USB in merito al
provvedimento recentemente approvato in materia di riordino delle Fondazioni
lirico-sinfoniche, ma le motivazioni addotte evidenziano una sterile analisi
aziendale per costruire una critica arbitraria sulla gestione del Teatro Lirico
di Cagliari.
La programmazione artistica 2016, descritta come “punto debole”, è
invece il punto di forza che il Consiglio d'Indirizzo e i vertici aziendali
hanno saputo mettere in campo per consentire al Teatro Lirico di Cagliari di
raggiungere i parametri di produttività, qualità e competitività degni di una
Fondazione lirica nazionale.
Basti
ricordare che nel mese di dicembre 2015, all'insediamento dell'attuale direzione,
il teatro non aveva programmato alcuna attività per il 2016 e poteva
sprofondare nella catastrofe economico-finanziaria e nell'oblio nazionale. Nonostante
la riduzione dei contributi, la gestione 2016 dimostra, con dati consultabili
nel sito della Fondazione alla voce “amministrazione trasparente”, di poter
raggiungere il pareggio di bilancio, ormai obbligo di legge, e di saper
conseguire livelli di efficienza ineguagliati.
L'aumento
degli incassi di biglietteria che nei primi sei mesi dell'anno ha già superato
quelli registrati in tutto il 2015, dimostra che la sigla USB ha una percezione
dell'azienda teatro del tutto personale. Anche la riduzione del costo del
personale, rispetto all'aumento della produzione, evidenzia che i lavoratori
della Fondazione hanno espresso un indice di produttività superiore al passato
e tali valori saranno ancora più positivi con la nuova organizzazione del
lavoro che ci si appresta ad affrontare nel mese di settembre.
Il
Teatro Lirico di Cagliari che non ha chiesto gli aiuti di stato previsti dalla
Legge Bray, che ha avviato attraverso la sua direzione processi di
internazionalizzazione già verificabili (è il caso del debutto alla New York
City Opera, nel marzo 2017, della produzione tutta cagliaritana de “La campana
sommersa”), impostato un adeguamento funzionale interno, e vanta, in questa
stagione, un numero di abbonati e presenze che, in rapporto al bacino
demografico, rappresenta un primato nazionale, non offre certamente la
percezione di un teatro in difficoltà come strumentalmente indicato dalla sigla
USB.
Tale
negativa visione procura un danno di immagine al Teatro e rischia di collocare
le prospettive dei teatri d'opera in Italia in una perenne situazione di
stallo.
La
logica di una sola sigla fortunatamente non rischia di delegittimare la
preoccupazione di tutti i lavoratori del settore.
Claudio
Orazi