Dopo il
grande successo del 14 dicembre 2015, il pianista ungherese tornerà l’11
gennaio al Conservatorio di Milano per il 2° appuntamento del ciclo “Le ultime
sonate”
Le ultime 3
sonate di Mozart, Beethoven, Haydn e Schubert, eseguite rigorosamente in ordine
cronologico: questo, in sintesi, il ciclo “Le ultime sonate”, proposto nella Stagione
2015/2016 di “Serate Musicali” di Milano. Protagonista, il pianista ungherese Sir András
Schiff che, dopo il grande successo
del primo appuntamento del 14 dicembre 2015, tornerà al Conservatorio “G. Verdi”
di Milano lunedì 11 gennaio 2016 alle
ore 21.00.
Ad aprire il
2° concerto del Ciclo sarà la Sonata n.
17 in si maggiore KV 570 di Mozart, seguita
dalla Sonata n. 31 in la diesis maggiore
op. 110 di Beethoven e dalla Sonata n. 61 in do maggiore Hob.
XVI:51 di Haydn. In chiusura, la Sonata
in la maggiore D 959 di Schubert.
Per biglietti scontati (10 €) scrivi a: [email protected]
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Il programma (tratto dal libretto di
sala del concerto)
WOLFGANG AMADEUS MOZART
La Sonata in si bemolle maggiore KV 570 è
del febbraio 1789. Non si tratta di una Sonata “da concerto”, ma piuttosto di
un brano pensato per un illustre committente o per un’allieva non principiante.
In essa troviamo una semplicità espressiva tipica degli ultimi anni di Mozart.
L’Allegro iniziale si basa su un unico tema principale che viene presentato in
due vesti differenti ma non contrastanti fra loro. La scorrevolezza brillante
della pagina è incrinata, nella sezione dello sviluppo, da quelle implicazioni
malinconiche che sono ricorrenti nell’ultimo Mozart. L’Adagio centrale è invece
un movimento di grande nobiltà espressiva; si apre con un tema ad accordi e si
anima poi con un tema elegiaco dall’accompagnamento ribattuto; ma, questo lungo
Tempo centrale, presenta una alternanza di situazioni che non contraddicono mai
la sua profondità concettuale. Quanto all’Allegretto finale, si tratta di un
movimento breve e brillante, il cui tema principale ha quasi il carattere di
Gavotta, mentre gli episodi secondari costituiscono diversivi gustosi e quasi
giocosi, in perfetta coerenza con l’assunto di base della pagina.
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Il
manoscritto della Sonata n. 31 in la
bemolle maggiore op. 110 è datato 25 dicembre 1822 e, cosa del tutto
inconsueta in Beethoven, non ha dedica. In un primo tempo Beethoven aveva
pensato per la Sonata op. 110, a un Finale formato da un Preludio e Fuga, cioè
dall’Arioso dolente in la bemolle minore e dalla Fuga in la bemolle maggiore.
In un secondo tempo modificò questo piano e, dopo la Fuga, riespose in sol
minore l’Arioso, facendolo seguire dalla riesposizione del soggetto della Fuga
ma per moto contrario, da un breve stretto e dalla perorazione sul soggetto.
Nella parte terminale, la perorazione, viene abbandonato lo stile
contrappuntistico della scrittura a più voci e il soggetto viene armonizzato in
accordi con una figurazione di accompagnamento in suoni rapidi. Questo
accostamento di due stili contrapposti mai avvenuta prima, costituirà un
modello per Mendelssohn, Liszt, Brahms e Franck. Il primo tempo, che reca la
rara didascalia Con amabilità, è in forma classica, con esposizione di due Temi
principali e due secondari, sviluppo, riesposizione e Coda. Il secondo tempo è
in forma di Scherzo con Trio e il Trio è una delle più bizzarre e divertenti
invenzioni pianistiche di Beethoven, con rapidi e pericolosi incroci delle due
mani che mettono a dura prova i pianisti (Webern se ne ricorda nel secondo
tempo delle Variazioni op. 27). La tonalità del secondo tempo è in fa minore
con conclusione in fa maggiore. Nulla di inusuale in ciò, senonché Beethoven
considera il fa maggiore come tonalità di dominante di si bemolle minore e
senza soluzione di continuità, partendo da si bemolle minore, crea un
collegamento tra il secondo tempo e l’Arioso dolente. Nel collegamento viene
ricreato pianisticamente un effetto tipico del clavicordo, la Bebung, cioè la
ribattitura affievolita di un suono. La volontà di sintesi di barocco e
classico si estende così anche agli strumenti, oltre che agli stili compositivi
e la Sonata op. 110 diventa un manifesto di storicismo.
FRANZ JOSEPH HAYDN
La Sonata in re maggiore Hob. XVI.51 si
divide in due soli movimenti piuttosto concisi, che tuttavia utilizzano schemi
formali insoliti. Nel primo movimento Haydn non prescrive la consueta
ripetizione della prima parte: il Tema iniziale - tre accordi arpeggiati - si
ripresenta al centro del brano, ma a esso si aggancia direttamente una sezione
di sviluppo; segue poi una regolare ripresa. Il movimento è quindi un esempio
dell’eclettismo formale di Haydn e possiamo descriverlo come una commistione
tra forma-sonata e Rondò. Il secondo movimento è anche in questo caso in forma
di Minuetto, ancora più conciso ed essenziale di quello impiegato nel Finale
della precedente Sonata in do maggiore.
FRANZ SCHUBERT
Nel
settembre del 1828, poche settimane prima di morire, Schubert ultimò le tre
poderose Sonate con le quali forse sperava di entrare finalmente nel circuito
editoriale (la dedica al più brillante dei pianisti allora in circolazione,
Johann Nepomuk Hummel, non fa che confermare questa ipotesi). Delle ansie e
delle delusioni di quel periodo, però, non c’è traccia in queste Sonate (ad
eccezione, forse, dei tempi lenti), dove si respira invece un senso di sereno
distacco, una specie di gioia tranquilla causata paradossalmente dal cumulo di
sofferenze patite, quasi l’autore presentisse l’imminente liberazione dalla sua
penosa condizione terrestre. L’Allegro iniziale della Sonata n. 22 in la maggiore D 959 è costruito con un’economia di mezzi quasi
«beethoveniana». Dopo l’energica affermazione della nota «la» attraverso
massicci blocchi accordali armonicamente cangianti, appare un disegno a
terzine, il cui ritmo contaminerà successivamente l’intero movimento; anche la
sezione di transizione è frutto di una sapiente combinazione degli elementi
appena esposti. Ma due sono gli aspetti più rilevanti, e tipicamente
schubertiani, di questa pagina iniziale: la ricchezza e l’estensione dei due
gruppi tematici e il prezioso cesello armonico con cui il compositore ora
prepara l’entrata del motivo, ora carica di tensione l’episodio, ora anima di
luci e ombre il mirabile Sviluppo. Quest’ultimo, che progressivamente esplora i
registri più acuti dello strumento, è basato su di un motivo apparso nella Coda
e si snoda in un’atmosfera da ballata, pervaso proprio dagli scatti nervosi di
quelle quartine. Alla Ripresa il motivo secondario del primo gruppo tematico si
presenta nella duplice veste maggiore/minore, secondo uno dei procedimenti
armonici preferiti di Schubert, che in chiusura utilizza il vigoroso tema
iniziale trasformato in una incantata reminiscenza per un congedo di intensissima
commozione. Sotto questa superficie apparentemente serena, però, si nasconde
l’abisso. L’Andantino, in fa diesis minore, che Alfred Einstein sostiene essere
imparentato col Lied “Pilgerweise” (Canto del pellegrino, 1823), è una delle
pagine più sconvolgenti dell’intera produzione schubertiana. L’inizio è spoglio
e dolente, su un ritmo di Barcarola; ma nella sezione centrale si scatena una
spaventosa tempesta, immagine di una disperatissima follia, la cui scrittura
pianistica anticipa per molti versi quella di Liszt e dei suoi epigoni.
Delizioso, infine, il ritorno del motivo principale contrappuntato da un
singhiozzo a note ribattute. Con lo Scherzo in la maggiore, si torna a uno
spensierato clima viennese, tutto echi di Valzer e scatti rapinosi di vago
sapore tzigano, anche se tra le pieghe non è difficile scorgere qualche ombra.
L’atteggiamento di Schubert nei confronti di Beethoven è illustrato in modo
esemplare dall’ultimo tempo, un amabile Allegretto, sempre in la maggiore,
nella forma di rondò-sonata già ampiamente utilizzata da Mozart. Come ha
scoperto Charles Rosen, questa pagina è stata costruita esattamente sul calco
dell’ultimo tempo dell’op.31 n.1 di Beethoven. Ciò dimostra che Schubert non
era interessato a sperimentazioni formali e che lo schema classico era
perfettamente calzante ai suoi scopi: la dilatazione melodica (evidente dal
confronto col modello) e poi l’ampliamento delle tonalità coinvolte, in un
caleidoscopico gioco di sfumature, di luci e di colori.
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Sir András Schiff è nato a Budapest, dove ha ricevuto
le prime lezioni di pianoforte a cinque anni da Elisabeth Vadàsz e
successivamente, frequentando l’Accademia Franz Liszt, da Pàl Kadosa, György Kurtág e Ferenc Rados. Ulteriori studi lo portarono a
Londra da George Malcolm. Attualmente una grande parte della sua attività è
riservata ai recital, dedicati in larga misura all’esecuzione di cicli
integrali di autori quali Bach, Haydn, Mozart, Schubert, Chopin, Schumann, Bartók
e Beethoven. L’Integrale delle 32 Sonate, iniziata nel 2004 e portata a temine
in venti città, è stata anche registrata dal vivo su CD alla Tonhalle di
Zurigo. Suona con molte tra le più importanti orchestre mondiali, spesso nella
duplice veste di direttore e solista, privilegiando i Concerti di Bach,
Beethoven e Mozart; nel 1999 ha creato una sua propria orchestra da camera, la
«Cappella Andrea Barca», con cui, oltre che con la Chamber Orchestra of Europe
e la Philharmonia di Londra, collabora in questo duplice ruolo. È ospite delle
più importanti orchestre del mondo. Ha eseguito l’opera omnia per tastiera di
J. S. Bach e il Ciclo Integrale delle Sonate
di Schubert, compiute e incompiute, per «Serate Musicali». Da quando era
studente ama molto la musica da camera: tra il 1989 e il 1998 ha diretto il
Festival «Musiktage Mondsee», in Austria e nel 1995, insieme a Heinz Holliger,
ha fondato a Ittingen, in Svizzera, un Festival di Pentecoste, durato fino al
2013. Nel 1998 ha creato a Vicenza il Festival “Omaggio a Palladio”. Dal 2004
al 2007 è stato «Artist in Residence»
del Festival di Weimar e nella stagione 2007/08 della Filarmonica di Berlino.
Sir Schiff ha ricevuto molti premi e riconoscimenti: nel 2006 è stato nominato
Membro Onorario della Casa di Beethoven a Bonn, per i suoi meriti come
interprete beethoveniano, nel 2007 ha ricevuto il premio della critica musicale
italiana “Franco Abbiati”, nel 2008 è stato insignito della Medaglia della
Wigmore Hall per il trentennale delle sue esecuzioni, nel 2011 gli è stato
conferito il premio Robert Schumann dalla città natale del compositore. Nel
2012 ha ricevuto la medaglia d’oro del Mozarteum di Salisburgo, “l’Ordine per i
meriti di scienze e arti”, ha ottenuto la nomina a Membro Onorario del
Konzerthaus di Vienna ed è stato nominato “Special Supernumeray Fellow” del
Balliol College di Oxford; nello stesso anno ha ricevuto la Grande Croce di
merito con Stella della Repubblica Federale tedesca. Il 21 dicembre 2013 gli è
stata conferita la più alta onorificenza della Royal Philharmonic Society di
Londra per il suo straordinario impegno musicale. Nel giugno 2014, per i suoi
meriti artistici, ha ricevuto il titolo di «Sir» dalla Regina Elisabetta II e nel
luglio 2014 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa dell’Università di Leeds. Nella
primavera del 2011 Sir Andras Schiff ha esternato la sua preoccupazione per gli
allarmanti sviluppi politici in Ungheria. Dopo gli attacchi offensivi a cui è
stato sottoposto dai nazionalisti ungheresi come risposta, l’Artista ha deciso
di non suonare più nella sua Patria.
Milano
Sala Verdi
del Conservatorio “G. Verdi”, via Conservatorio 12
Pianista Sir András Schiff
Ciclo “Le
ultime sonate” II
Lunedì 11
gennaio 2016 ore 21.00
W. A.
Mozart Sonata n. 17 in si maggiore KV 570
L. v.
Beethoven
Sonata n. 31 in la diesis maggiore op. 110
F. J. Haydn Sonata
n. 61 in do maggiore Hob. XVI:51
F. Schubert Sonata
in la maggiore D 959
Biglietti:
Intero € 30,00 - Ridotto € 25,00
Per maggiori
informazioni:
02 29409724
Adriana Benignetti