Lunedì
13 aprile alle ore 15.00, per il ciclo “Invito alla Scala”, un programma
interamente dedicato alla Francia
Saranno
Fabien Thouand (oboe), Fabrizio Meloni (clarinetto),
Gabriele Screpis (fagotto) e Takahiro Yoshikawa (pianoforte) i
protagonisti del prossimo appuntamento di “Invito alla Scala”, il ciclo
riservato ai giovani e agli over 65 del Teatro alla Scala. Per l’occasione, lunedì 13 aprile alle ore 15.00, i
musicisti proporranno un programma interamente dedicato alla musica francese.
Ad
aprire il concerto due composizioni di Francis Poulenc, il Trio per oboe, fagotto e pianoforte e la Sonata per clarinetto e pianoforte; sarà, poi, la volta di Jacques
Ibert con Cinq pièces en trio per oboe,
clarinetto e fagotto; in chiusura, di Darius Milhaud, la Sonatine op. 100 per clarinetto e pianoforte e la Suite d’après Corrette per oboe,
clarinetto e fagotto.
Il
programma
di Liana Püschel (dal programma
di sala del Teatro alla Scala)
Una
Francia scherzosa e sentimentale
Francis Poulenc (1899-1963), Trio pour piano, hautbois et basson
Dopo l’età dell’impressionismo e del
simbolismo di Debussy e dell’infatuazione parigina per Wagner, un gruppo di sei
compositori francesi decise di scrivere una musica meno passionale e impegnata
poeticamente. Nel 1918 lo scrittore Jean Cocteau scrisse il loro manifesto
intitolato “Il gallo e l’Arlecchino”. Nei primissimi anni Venti, la musica di
Francis Poulenc, di Darius Milhaud e degli altri membri del gruppo dei Six
fioriva all’ombra eclettica di Satie. Nonostante avessero in comune alcuni
bersagli polemici e l’obiettivo di creare una musica genuinamente francese, i
giovani compositori avevano stili e interessi troppo diversi per formare un
gruppo omogeneo e presto si separarono. Per quanto breve, l’esperienza lasciò
una traccia importante nella produzione di Poulenc, in particolare nella sua
musica da camera che conserva l’estetica disimpegnata e umoristica tipica dei
Six. Al periodo della giovinezza risale anche l’interesse di Poulenc per la
musica triviale dei music-hall e dei café-concert, che nei suoi lavori può
combinarsi con suggestioni tratte dai grandi maestri del passato, quali Lully o
Mozart. Questo avviene in particolare nei movimenti veloci come ad esempio nel
Presto e nel Rondo del Trio, in cui
il compositore accumula materiali musicali diversi per disporli seguendo un
ordine che a volte procede per contrasto, a volte per analogia. Anche l’Andante
di questa composizione del 1926 gioca con le citazioni: da un’atmosfera
pastorale emerge il tema del Preludio in
Mi minore di Chopin come un canto dolce e malinconico, che sembra
anticipare di quarant’anni la canzone Insensatez
di Antônio Carlos Jobim.
Francis Poulenc, Sonate
pour clarinette et piano
Pur dedicandosi in modo intermittente
al repertorio da camera, Poulenc tornò a occuparsene a più riprese lungo tutta
la sua carriera; una delle sue ultime composizioni è infatti la Sonate pour clarinette et piano
completata nel 1962, pochi mesi prima della morte. Nonostante nella sonata non
manchi la giovialità dei lavori precedenti, i primi movimenti hanno un umore
malinconico e riflessivo che tradisce i sentimenti dell’autore in occasione
della scomparsa dell’amico ed ex membro dei Six Arthur Honegger, a cui la
composizione è dedicata. Quando Poulenc iniziò a lavorare a queste pagine nel
1959 era anche impegnato nella scrittura di un Gloria per la Boston Symphony Orchestra, per cui permise che echi
di quest’opera spirituale filtrassero nel cuore dell’Allegro tristamente che dà
avvio alla sonata. Come di consuetudine nella musica di Poulenc, il movimento
lento è di carattere squisitamente lirico: la Romanza si apre con un lamento
del clarinetto che evoca il pianto della Maja
y el ruiseñor di Granados; nelle prime battute il pianoforte si limita ad
accompagnare sommessamente il canto del clarinetto, ma poco a poco il dialogo
tra i due strumenti diventa più interessante. L’Allegro con fuoco irrompe con
la sua esuberanza per chiudere la sonata in modo brillante.
Jacques Ibert (1890-1962), Cinq pièces en trio
Prima che i Six cominciassero a
riunirsi in soffitte e caffè, al Conservatorio di Parigi si era formata una
sorta di trio composto da allievi promettenti, Milhaud, Honegger e Ibert, che
sarebbero rimasti amici per tutta la vita. Mentre i primi due cominciarono a
frequentare Cocteau e Satie, Ibert prese una strada diversa: si arruolò
nell’esercito e, dopo la fine della prima guerra mondiale, si trasferì a Roma
come vincitore del prestigioso Prix de Rome. Nei primi concerti dati in
occasione del suo ritorno in Francia nel 1924, il pubblicò poté apprezzare
alcune delle caratteristiche che sarebbero state tipiche di tutta la sua
produzione: la predilezione per gli strumenti a fiato e la scelta di forme brevi.
Un esempio sono le Cinq pièces en trio del
1935 in cui si alternano con classica simmetria movimenti veloci,
contraddistinti dal buon umore, a movimenti lenti, di carattere più affettuoso
e nostalgico. I temi orecchiabili, le suggestioni barocche, l’armonia moderna e
il limpido gioco polifonico delle voci rendono queste pagine irresistibili.
Darius Milhaud (1892-1974), Sonatine pour clarinette et piano
Scorrendo lo sterminato catalogo delle
composizioni da camera di Milhaud, si può notare che i lavori dedicati agli
archi sono più meditativi rispetto a quelli dedicati ai fiati, che in genere
hanno un carattere estroverso e leggero. In questo quadro, la Sonatine pour clarinette et piano
costituisce un’interessante eccezione. Il lavoro, scritto nel 1927 durante il
soggiorno estivo nell’amata Provenza, urta l’ascoltatore con le sue forti
dissonanze. Il primo movimento, indicato come “Très rude”, è particolarmente
spigoloso: anche quando il clarinetto suggerisce un tema più cantabile,
l’accompagnamento irregolare del pianoforte crea un’atmosfera estraniante.
L’inquietudine che contraddistingue l’inizio della Sonatine è interrotta solo temporaneamente dal Lento centrale, dal
carattere sognante e cupo, poiché il terzo movimento, anch’esso “Très rude”, è
fortemente imparentato al primo. I movimenti estremi non solo condividono lo
stesso umore, ma anche l’uso degli ostinati ritmici e parte del materiale
tematico.
Darius
Milhaud, Suite d’après Corrette
Negli
anni Trenta Milhaud si dedicò alla composizione di musica per film e drammi
teatrali: nel 1937, ad esempio, fu coinvolto a Parigi in un nuovo allestimento
del dramma di Shakespeare Romeo e
Giulietta. La produzione non fu un successo, poiché nei panni degli amanti
adolescenti c’erano due attori esperti ma troppo maturi per il gusto dei
critici. Se l’età degli interpreti mise in discussione la qualità dello
spettacolo, lo stile delle musiche di scena, cronologicamente incongruente, non
destò alcuna perplessità. Ispirandosi ai lavori neoclassici di Stravinskij come
il balletto Pulcinella, Milhaud
rielaborò con gusto moderno alcune Pièces
pour musette di Michel Corrette (1707-95), un musicista minore del Barocco
francese. I temi di Corrette, a volte usati in forma di canone, rimangono quasi
intatti: le novità stanno soprattutto nell’armonia che contiene delle asprezze
sconosciute all’originale; il cucù di Milhaud, ad esempio, ha un verso meno
consonante di quello del collega settecentesco ma un carattere più burlone. Ben
presto il musicista trasse dalle sue musiche di scena una suite piena di
leggerezza, molto distante dalla tragedia shakespeariana.
Teatro alla Scala, Milano
Lunedì
13 aprile 2015 ore 15.00
Invito alla Scala per
Giovani e Anziani
Fabien Thouand,
oboe
Fabrizio Meloni, clarinetto
Gabriele Screpis, fagotto
Takahiro Yoshikawa, pianoforte
Francis Poulenc
Trio
per
oboe, fagotto e pianoforte
Sonata
per
clarinetto e pianoforte
Jacques Ibert
Cinq pièces en trio
per
oboe, clarinetto e fagotto
Darius Milhaud
Sonatine op. 100
per
clarinetto e pianoforte
Suite d’après Corrette
per oboe, clarinetto e fagotto
Prezzi: da 16 a 8,50 euro
Per informazioni:
Servizio
Promozione Culturale Teatro alla Scala
tel.
02 88 79 20 12 - 13 - 14
A.B.