Nei panni di Odile/Odette la Osipova
incanta il Piermarini: magnifico debutto per il giovanissimo Coviello nel difficile ruolo di Siegfried
(Foto: Brescia-Amisano) |
«Il lago dei cigni è per me un lungo
sogno del principe che, nutrito di letture romantiche che hanno esaltato il suo
desiderio di infinito, rifiuta la realtà del potere e del matrimonio che gli
impongono la madre e il precettore. È lui, quindi, che, per sfuggire al malinconico
destino che gli si prepara, fa entrare nella sua vita la visione del lago.
Nella sua mente nasce un amore idealizzato e la proibizione che esso comporta:
di qui il cigno nero e Rothbart, figure speculari, trasposizioni negative del
cigno bianco e del precettore. Quando il sogno svanisce la ragione del principe
non potrà sopravvivere».
«La
tradizione deve essere rispettata, ma certo non fino al punto di rendere i
significati oscuri alla sensibilità moderna».
«Il
fatto che modifico, laddove penso che si debba modificare, la coreografia
tradizionale, è per il buon motivo che balliamo questi balletti oggi, non
ieri».
Rudolf Nureyev
Da
molti anni, ormai, Il lago dei cigni
firmato da Rudolf Nureyev è entrato stabilmente nel repertorio del Teatro alla
Scala e di moltissimi altri importanti palcoscenici: eppure, quando nel 1984 questa
coreografia fu creata per l’Opéra di Parigi il Corpo di Ballo entrò in sciopero
e i primi ballerini, con la sola eccezione di Charles Jude, si rifiutarono di
interpretarla. C’era in quel periodo, è vero, un contenzioso aperto tra i
ballerini del celebre teatro e Nureyev, allora direttore della compagnia; ma a
preoccupare, principalmente, era proprio la sua versione del Lago decisamente più complessa rispetto
a quella di Bourmeister, non solo da un punto di vista tecnico ma anche e
soprattutto da quello psicologico e interpretativo.
Una
versione del Lago tormentata, quella
di Nureyev, arricchita da variazioni tecnicamente molto ardue e da contenuti
drammatici, espressivi e stilistici di notevole spessore. Un vero e proprio
banco di prova non solo per i protagonisti ma anche per l’intero Corpo di Ballo
e per i solisti impegnati in numerosi passi e danze: prova egregiamente superata
nella messa in scena al Teatro alla Scala del 23 luglio.
Un allestimento, quello proposto con le splendide scene di Ezio Frigerio e i bellissimi costumi di Franca Squarciapino, con cui il teatro milanese intende omaggiare Rudolf Nureyev nel ventennale della sua scomparsa (dopo l’ultima replica del 24 luglio, il Lago tornerà a ottobre per altre 4 serate).
Un allestimento, quello proposto con le splendide scene di Ezio Frigerio e i bellissimi costumi di Franca Squarciapino, con cui il teatro milanese intende omaggiare Rudolf Nureyev nel ventennale della sua scomparsa (dopo l’ultima replica del 24 luglio, il Lago tornerà a ottobre per altre 4 serate).
(Foto: Gene Schiavone) |
(Foto: Brescia-Amisano) |
(Foto: Brescia-Amisano) |
La vera
rivelazione della serata è stata, però, l’interpretazione di Claudio Coviello, al suo debutto nel
ruolo di Siegfried: un debutto delicatissimo per il ballerino, non solo per le
difficoltà tecniche e lo spessore introspettivo che Nureyev dà al personaggio
ma anche perché il debutto avviene, appunto, al fianco di un’artista dallo
spessore e dalla consolidata esperienza della Osipova. Eppure, nonostante la
giovanissima età, Coviello oltre a mostrare una solidissima tecnica, riesce anche
a imprimere al personaggio quella profondità e complessità emotiva richiesta:
il suo è un Siegfried malinconico e sognatore alla perenne ricerca di un amore
ideale che diventa disperato e struggente nel pas de deux del IV atto quando, poco prima che Rothbart porti via
Odette, comprende che il suo sogno si è infranto per sempre.
Tra i
momenti più belli del balletto da segnalare anche l’Adage del II atto dove i due protagonisti s’incontrano e il pas de deux del III atto con Siegfried e
il cigno nero, cui si aggiunge Rothbart.
Di spessore
la direzione dell’americano Paul
Connelly: in grande risalto l’ottimo amalgama degli archi, le prime parti
(in particolare oboe, arpa e violoncello) e gli splendidi assoli della spalla, Francesco de Angelis.
Adriana Benignetti