lunedì 9 ottobre 2017

“La traviata”: la trama

La traviata
Melodramma in tre atti

Musica
Giuseppe Verdi (Roncole di Busseto, Parma, 1813 – Milano, 1901)

Libretto
Francesco Maria Piave (Murano, Venezia, 1810 – Milano, 1876) dal dramma La Dame aux camélia di Alexandre Dumas figlio

Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853


Personaggi
Violetta Valéry (Soprano)
Flora Bervoix, sua amica (Mezzosoprano)
Annina, cameriera di Violetta (Soprano)
Alfredo Germont (Tenore)
Giorgio Germont, padre di Alfredo (Baritono)
Gastone, visconte di Letorières (Tenore)
Douphol, barone e protettore di Violetta (Baritono)
D’Obigny, marchese e amico di Flora (Basso)
Grenvil, dottore (Basso)
Giuseppe, servo di Violetta (Tenore)
Un domestico di Flora (Basso)
Un Commissionario (Basso)

Signore e signori amici di Violetta e di Flora, mattadori, piccadori, zingari, servi di Violetta e di Flora, maschere

La vicenda si svolge a Parigi, durante l’Ottocento

Atto I
Violetta Valéry, donna bella, mondana e amante del barone Douphol, ha organizzato nella propria abitazione un ricevimento, al quale partecipano gaudenti aristocratici e compiacenti damigelle. Tra i vari invitati alla festa c’è anche Gastone, visconte de Letorières, che presenta alla padrona di casa Alfredo Germont, un giovane che l’ammira profondamente. Violetta propone un brindisi agli invitati (“Libiamo ne’ lieti calici”): poi, nel salone accanto, iniziano le danze. Alfredo vorrebbe invitare Violetta a ballare, ma la donna deve interrompersi per un improvviso attacco di tosse: il giovane, preoccupandosi per la sua salute, l’assiste  e le dichiara il suo amore (“Un dì, felice, eterea, / mi balenaste innante”), ricevendo in cambio, solo promesse di amicizia (“Ah, se ciò è ver, fuggitemi… solo amistade io v’offro”). Prima di salutare Alfredo, Violetta gli dona una camelia, il suo fiore preferito, promettendo di darsi appuntamento quando il fiore sarà appassito: il giovane, segretamente innamorato da tempo della donna, se ne va felice. Quando anche tutti gli altri invitati sono andati via, rimasta da sola Violetta riflette sulle parole di Alfredo: si rende conto che le hanno fatto effetto (“Ah, fors’è lui che l’anima”) ma, allo stesso tempo, paura di vivere un amore serio (“Follie… follie… delirio vano è questo”). Sa bene, infatti, che il suo destino è ben diverso (“Sempre libera degg’io / folleggiare di gioia in gioia”).

Atto II
Scena I

Violetta e Alfredo vivono insieme, poco lontani da Parigi, in una casa di campagna e sono felici della loro storia: in particolare, l’uomo riflette sulla serenità acquisita (“De’ miei bollenti spiriti / il giovanile ardore / ella temprò col placido / sorriso dell’amore”). Un giorno, però, l’uomo viene a sapere da Annina, cameriera di Violetta, che la donna ha dovuto vendere dei gioielli per riuscire a pagare le spese: si ripromette, allora, di porre rimedio alla situazione finanziaria e parte per Parigi per trovare una soluzione (“O mio rimorso, o infamia, / io vissi in tale errore”). Rimasta da sola, Violetta riceve la visita del padre di Alfredo, Giorgio Germont, che chiede alla donna di porre fine alla peccaminosa convivenza: il futuro genero minaccia, infatti, di non sposare più la sorella di Alfredo, a causa del disonore che grava sulla famiglia Germont (“Pura siccome un angelo / Iddio mi die’ una figlia”). Violetta tenta di difendere il suo amore puro per Alfredo, ma dopo prolungate insistenze promette a Giorgio Germont di lasciare suo figlio (“Dite alla giovine – sì bella e pura / ch’avvi una vittima – della sventura”). Quando l’uomo va via, Violetta inizia a scrivere due lettere: una per il suo ex amante, il barone Douphol; l’altra per Alfredo. Prima, però, che la missiva sia terminata Alfredo torna a casa: Violetta si promettere, con una straziante richiesta, eterno amore (“Amami Alfredo, amami quant’io t’amo”), ma poi fugge verso Parigi. Il giovane legge la lettera a lui indirizzata e disperato si confida con il padre, che cerca di consolarlo (“Di Provenza il mar, il suol – chi dal cor ti cancellò?”): appreso, poi, che Violetta ha ricevuto un invito per quella sera a casa di Flora Bervoix parte per raggiungere l’amata.

Scena II
A casa di Flora Bervoix si svolge un ricevimento: zingarelle e toreri ballano nel salone e cantano festosi (“Noi siamo zingarelle”; “Di Madrid noi siamo mattadori”). All’improvviso arriva Alfredo alla disperata ricerca di Violetta: la donna, però, appare accompagnata dal suo ex amante, il barone Douphol che sfida Alfredo al tavolo da gioco. Il giovane sbanca tutti, vincendo una grossa somma di denaro. Gli invitati si apprestano a iniziare la cena quando Violetta fa chiamare Alfredo: gli confessa di amare Douphol e lo prega di andar via. In presenza di tutti gli invitati il giovane butta ai piedi della donna una borsa piena di denaro, denunciando pubblicamente la sua condotta immorale. Violetta si sente male, Douphol sfida il giovane a duello, i presenti commentano con compassione e il padre di Alfredo, appena sopraggiunto, rimprovera il comportamento del figlio (“Di sprezzo degno se stesso rende / chi pur nell’ira la donna offende”).

Atto III
Violetta è a letto sofferente: la tisi è peggiorata e la donna è sempre più grave, tanto che il dottor Grenvil confida ad Annina che la morte è ormai vicina. Rimasta da sola Violetta legge una lettera appena ricevuta: è di Giorgio Germont che le confida di aver rivelato la verità ad Alfredo e che questi sta tornando da lei per chiederle perdono. La donna ripensa ai giorni felici (“Addio del passato bei sogni ridenti”); poi, quando ormai è allo stremo delle forze, Annina le comunica l’arrivo di Alfredo. L’uomo le chiede perdono (“Colpevol sono… so tutto, o cara”); poi, fa progetti per il futuro (“Parigi, o cara, noi lasceremo”). Nel frattempo arriva anche Giorgio Germont, per confortare la donna che dona all’uomo un medaglione (“Prendi; quest’è l’immagine”); poi, sfinita, cade esanime.


Adriana Benignetti