Lunedì 11 marzo 2013 ore
18.00, appuntamento con Cesare Mazzonis e “Cuore di cane”, in scena al Teatro alla Scala dal 13 marzo al 3 aprile 2013
Sarà Cesare Mazzonis, Direttore artistico Orchestra Nazionale
Rai di Torino, già Direttore artistico del Teatro alla Scala e del Maggio
Musicale Fiorentino, nell’incontro “Lo
stalinismo in caricatura”, a illustrare Cuore di cane di
Alexander Raskatov, su libretto dello stesso Mazzonis, titolo che sarà in scena
al Teatro alla Scala dal 13
marzo al 3 aprile 2013 con la regia di Simon McBurney e
la bacchetta di Martyn Brabbins.
L’appuntamento, che fa
parte del ciclo “Prima delle prime” (organizzato dagli Amici della Scala) è
per lunedì 11 marzo 2013 alle ore 18.00 presso il Ridotto dei
palchi “A. Toscanini” del Teatro alla Scala di Milano. L’accesso al
Foyer “Toscanini” non richiede biglietto: basta presentarsi
all’ingresso principale del Teatro con un certo anticipo. L’accesso è regolato
dalle maschere e si ferma al raggiungimento della capienza consentita dalle
norme di sicurezza per il Ridotto (150 posti a sedere).
«Non
sono contrario ai progressi della scienza o della tecnologia, tutt’altro. Ma
credo che l’uomo sia spesso colto dalla tentazione di sentirsi dio e di
manipolare la realtà. Lo stalinismo fu uno degli esempi più terribili di questa
ambizione di creare un uomo e un mondo nuovi, ma il pericolo non è finito». Così,
in una recente intervista al Corriere della Sera, il compositore Alexander
Raskatov, che Alfred Schnittke considerava uno dei più promettenti della sua
generazione, spiega i motivi della scelta di portare in musica la novella di
Bulgakov. Quando Pierre Audi gli propose di comporre un’opera dandogli due
giorni di tempo per scegliere il tema, “ho deciso velocemente. Non so perché: è
stato intuito”.
Così
è nata, su libretto di Cesare Mazzonis, Cuore
di cane, pièce che ha debuttato all’Opera Nazionale di Amsterdam il 7
giugno 2010. Opera dal taglio moderno, Cuore
di cane è tratta dal surreale e omonimo romanzo satirico di Bulgakov. Scritto
nel 1925, e subito censurato nell’allora Unione Sovietica, circolò però in samizdat fino al 1987, anno della pubblicazione
in URSS. La novella nasce come satira spietata della nascente Russia comunista
e dei principi politico-sociali su cui si basava, riferendosi al nascente regime
di Stalin. Sharik, reso magistralmente sul palcoscenico da una complessa marionetta
ispirata alla scultura “Cane” di Alberto Giacometti, è un cane randagio che osserva
e giudica con cinismo la popolazione moscovita. È maltrattato, ma viene salvato
da un eminente scienziato, il professor Filipp Filippovich Preobrazhensky, impegnato
nella ricerca sul ringiovanimento del corpo. Come esperimento impianta in
Sharik l’ipofisi e i testicoli di un essere umano, creando così Sharikov, un
uomo, un proletario, che mantiene di entrambe le specie tutte le peggiori caratteristiche:
si ubriaca, canta oscenità, ricatta, denuncia… Il rapporto tra lo status dei
nuovi lavoratori, nell’archetipo dell’uomo nuovo sovietico, e la condizione
dell’animale è finemente analizzato, nella novella come nell’opera, così pure
le assurde ambizioni del professor Preobrazhensky (omonimo peraltro di una
celebre figura nella storia del partito comunista russo). L’opera, satirica e
grottesca, ma anche filosofica e lirica, “è come un caleidoscopio: un piccolo
giro e ciò che si vede muta”. Sul palco, Sharik è reso da tre diverse voci: una
dolce e soave, una stridula e fastidiosa, amplificata con l’uso di un megafono,
e una terza, Sharik che diventa Sharikov. Bulgakov vede un mondo dove cane mangia
cane, dove la domanda è “ma cosa esattamente separa l’uomo dalla bestia, e non
è l’uomo il peggiore delle bestie?”, ma crea una via d’uscita, un lieto fine. La
versione di Raskatov è diversa: non c’è nessuna possibilità di rimediare al
danno fatto e Sharikov non può tornare Sharik, perché “gli uomini pensano
sempre di poter fare ciò che vogliono, ma questo è impossibile, spesso non si
può tornare indietro”.