Da Igor’
Stravinskij – Robert Craft, Ricordi e
Commenti (traduzione di Franco Salvatorelli)
Igor’ Stravinskij (Lomonosov, 1882 – New York, 1971) |
L’idea
della Sagra mi venne mentre stavo
ancora componendo l’Uccello di fuoco.
Avevo sognato una scena di un rito pagano in cui una vergine sacrificata danza
fino a morirne. Questa visione non si accompagnò a concrete idee musicali, e
siccome fui ben presto gravido di un’altra concezione puramente musicale che
andò sviluppandosi, così credevo, in un Konzertstück
per pianoforte e orchestra, fu quest’ultimo che cominciai a comporre.
Avevo già parlato a Djagilev della Sagra prima che venisse a trovarmi a
Losanna alla fine del settembre 1910; ma non sapeva niente del Petruška, che è come chiamai il Konzertstück, pensando che lo stile
della parte pianistica suggeriva il burattino russo. Se Djagilev fu deluso di
non ascoltare musica per «riti pagani» non lo diede a vedere: Petruška gli piacque moltissimo, e mi
incoraggiò a svilupparlo in un balletto prima di intraprendere la Sagra.
Nel luglio 1911, dopo le prime rappresentazioni di Petruška, partii alla volta della tenuta di campagna della principessa Teniševa vicino a Smolensk, per incontrare Nikolaj Roerich e progettare la sceneggiatura della Sagra della primavera. Roerich conosceva bene la principessa, e ci teneva che vedessi le sue collezioni di arte popolare russa. Da Ustilug raggiunsi Brest-Litovsk, e scoprii che avrei dovuto aspettare due giorni il prossimo treno per Smolensk. Corruppi perciò il macchinista di un treno merci perché mi lasciasse viaggiare in un carro bestiame, dove mia trovai solo a tu per tu con un toro. L’animale era imbrigliato da un’unica fune non molto rassicurante, e poiché mi guardava con cipiglio e sbavava mi barricai dietro la mia solitaria valigetta. Quando a Smolensk uscii da questa corrida, spazzolandomi vestito e cappello, con la mia valigia lussuosa o almeno non da vagabondo, dovevo fare un buffo effetto, ma certo sarò apparso sollevato.
La principessa Teniševa mi ospitò in una foresteria accudita da domestici in belle uniformi bianche con fascia rossa e stivali neri. Mi misi a lavoro con Roerich, e in pochi giorni il piano d’azione e i titoli delle danze furono pronti. Mentre eravamo là Roerich abbozzò anche i suoi famosi fondali di tipo polovesiano, e disegnò i costumi basandosi su costumi veri della collezione della principessa. A questo punto il nostro titolo per il balletto era Vesna Svjasčennaja («Primavera sacra», o «Primavera santa»). Il titolo Le sacre du printemps [«La sagra della primavera»] è di Baskt. In inglese, The Coronation of Spring si avvicina più di The Rite of Spring al mio significato originario.
Idee tematiche per la Sagra affiorarono subito dopo il mio ritorno a Ustilug; i temi erano quelli degli Auguri di primavera, la prima danza che composi. Tornato in Svizzera in autunno, mi stabilii con la famiglia a Les Tilleuls, una pensione di Clarens, e continuai il lavoro. Quasi tutta la Sagra della primavera è stata composta in una stanzetta di quella casa, o meglio in un bugigattolo di due metri e mezzo per due metri e mezzo, il cui solo mobilio era un piano verticale che suonavo con la sordina (lavoro sempre al pianoforte mettendo la sordina), un tavolo e due sedie. Composi dagli Auguri alla fine della prima parte, e in seguito scrissi il Preludio.
La mia idea era che il Preludio rappresentasse il risveglio della natura, il raspare, rodere, dimenarsi di successi e bestie. Le danze della seconda parte furono composte nell’ordine in cui appaiono adesso, e composte molto rapidamente, fino alla Danza sacrificale, che riuscivo a suonare ma dapprima non sapevo come scrivere. La composizione dell’intera Sagra fu terminata, in uno stato di esaltazione e di esaurimento, il 17 novembre 1912. Ricordo bene il giorno perché soffrivo per un feroce mal di denti, che allora andai a curare a Vevey. Alla fine del marzo 1913 quasi tutta la strumentazione – un lavoro in gran parte meccanico, dato che compongo sempre la strumentazione quando compongo la musica – era scritta in forma di partitura. Mi ero pungolato a finire la Sagra perché in origine volevo che Djagilev la producesse nella stagione 1912.
A Berlino, dove i Ballets Russes erano in scena alla fine di novembre, trovai Djagilev preoccupatissimo per la salute di Nižinskj per ore, ma della Sagra si limitò a dire che, com’era ormai evidente, non poteva allestirla nel 1912. Conscio della mia delusione, cercò di consolarmi invitandomi ad accompagnare i Balletti a Budapest, Vienna e Londra, le loro prossime tappe. Andai in queste città, tutte e tre nuove per me, e tutte e tre a me carissime da allora. Ma la vera ragione per cui accettai così facilmente il rinvio della Sagra fu che avevo già cominciato a pensare alle Noces. In quell’incontro berlinese Djagilev mi incoraggiò a usare per la Sagra una grossa orchestra, promettendo che avrebbe molto ampliato la nostra orchestra di balletto nella stagione seguente. Non so se altrimenti la mia orchestra sarebbe stata tanto grande. […]
Nel luglio 1911, dopo le prime rappresentazioni di Petruška, partii alla volta della tenuta di campagna della principessa Teniševa vicino a Smolensk, per incontrare Nikolaj Roerich e progettare la sceneggiatura della Sagra della primavera. Roerich conosceva bene la principessa, e ci teneva che vedessi le sue collezioni di arte popolare russa. Da Ustilug raggiunsi Brest-Litovsk, e scoprii che avrei dovuto aspettare due giorni il prossimo treno per Smolensk. Corruppi perciò il macchinista di un treno merci perché mi lasciasse viaggiare in un carro bestiame, dove mia trovai solo a tu per tu con un toro. L’animale era imbrigliato da un’unica fune non molto rassicurante, e poiché mi guardava con cipiglio e sbavava mi barricai dietro la mia solitaria valigetta. Quando a Smolensk uscii da questa corrida, spazzolandomi vestito e cappello, con la mia valigia lussuosa o almeno non da vagabondo, dovevo fare un buffo effetto, ma certo sarò apparso sollevato.
La principessa Teniševa mi ospitò in una foresteria accudita da domestici in belle uniformi bianche con fascia rossa e stivali neri. Mi misi a lavoro con Roerich, e in pochi giorni il piano d’azione e i titoli delle danze furono pronti. Mentre eravamo là Roerich abbozzò anche i suoi famosi fondali di tipo polovesiano, e disegnò i costumi basandosi su costumi veri della collezione della principessa. A questo punto il nostro titolo per il balletto era Vesna Svjasčennaja («Primavera sacra», o «Primavera santa»). Il titolo Le sacre du printemps [«La sagra della primavera»] è di Baskt. In inglese, The Coronation of Spring si avvicina più di The Rite of Spring al mio significato originario.
Idee tematiche per la Sagra affiorarono subito dopo il mio ritorno a Ustilug; i temi erano quelli degli Auguri di primavera, la prima danza che composi. Tornato in Svizzera in autunno, mi stabilii con la famiglia a Les Tilleuls, una pensione di Clarens, e continuai il lavoro. Quasi tutta la Sagra della primavera è stata composta in una stanzetta di quella casa, o meglio in un bugigattolo di due metri e mezzo per due metri e mezzo, il cui solo mobilio era un piano verticale che suonavo con la sordina (lavoro sempre al pianoforte mettendo la sordina), un tavolo e due sedie. Composi dagli Auguri alla fine della prima parte, e in seguito scrissi il Preludio.
La mia idea era che il Preludio rappresentasse il risveglio della natura, il raspare, rodere, dimenarsi di successi e bestie. Le danze della seconda parte furono composte nell’ordine in cui appaiono adesso, e composte molto rapidamente, fino alla Danza sacrificale, che riuscivo a suonare ma dapprima non sapevo come scrivere. La composizione dell’intera Sagra fu terminata, in uno stato di esaltazione e di esaurimento, il 17 novembre 1912. Ricordo bene il giorno perché soffrivo per un feroce mal di denti, che allora andai a curare a Vevey. Alla fine del marzo 1913 quasi tutta la strumentazione – un lavoro in gran parte meccanico, dato che compongo sempre la strumentazione quando compongo la musica – era scritta in forma di partitura. Mi ero pungolato a finire la Sagra perché in origine volevo che Djagilev la producesse nella stagione 1912.
A Berlino, dove i Ballets Russes erano in scena alla fine di novembre, trovai Djagilev preoccupatissimo per la salute di Nižinskj per ore, ma della Sagra si limitò a dire che, com’era ormai evidente, non poteva allestirla nel 1912. Conscio della mia delusione, cercò di consolarmi invitandomi ad accompagnare i Balletti a Budapest, Vienna e Londra, le loro prossime tappe. Andai in queste città, tutte e tre nuove per me, e tutte e tre a me carissime da allora. Ma la vera ragione per cui accettai così facilmente il rinvio della Sagra fu che avevo già cominciato a pensare alle Noces. In quell’incontro berlinese Djagilev mi incoraggiò a usare per la Sagra una grossa orchestra, promettendo che avrebbe molto ampliato la nostra orchestra di balletto nella stagione seguente. Non so se altrimenti la mia orchestra sarebbe stata tanto grande. […]
Da
Igor’ Stravinskij – Robert Craft, Ricordi e Commenti (traduzione di Franco
Salvatorelli), Adelphi Edizioni, Milano 2008, pp. 134-136