«Vivere il proprio tempo significa, per un
artista, trovare i punti di contatto tra l’esigenza interiore della ricerca e la
motivazione, la necessità sociale ed
etica di ciò che trova»
C’è una sola domanda che gli provoca
un leggerissimo imbarazzo e qualche secondo di silenzio ed è quella che,
inevitabilmente, prima o poi gli pongono tutti, me compresa: “Ti senti più
pianista o compositore?”. «L’uno e l’altro… allo stesso modo!».
Per il resto, è
come un fiume in piena, un fiume dal quale, confesso, ci si lascia
piacevolmente travolgere anche, e soprattutto, perché al centro dei suoi
discorsi c’è sempre lei, la musica. Senza confini, né di tempo, né di genere,
né tanto meno di ruoli. «Penso che un musicista debba tornare a essere un
comunicatore culturale com’era nel passato: la figura dell’artista-divo ha
smesso di avere il suo senso».
Bastano pochi minuti per capire che la
breve esitazione di fronte a quella domanda era dovuta, solo e unicamente, a
una questione mal posta. «Personalmente, pur riconoscendone la grandezza, credo
che figure come Arturo Benedetto Michelangeli o Vladimir Horowitz siano molto
lontane dai bisogni della contemporaneità; naturalmente non mi riferisco alla
loro arte ma alla loro immagine, allo status symbol che hanno rappresentato. Il
divario netto che si è creato tra compositori e interpreti dal secondo
dopoguerra in poi ha, a mio avviso, contribuito all’allontanamento del pubblico
dalle sale da concerto. L’ideale del musicista che fa della propria musica un
oggetto di elitaria speculazione ha prodotto danni incalcolabili. Schumann,
Liszt, Mozart, non erano solo grandi compositori e grandi strumentisti (la
separazione delle “cariche” nell’arte dei suoni non esisteva!) ma erano
intellettuali capaci di interagire nel proprio tempo, talvolta modificando il
corso della storia».
(Foto di Massimo Pasquali) |
Ha solo 28 anni Orazio Sciortino – e
fisicamente ne dimostra anche meno – ma idee chiarissime e doti oratorie
davvero notevoli. Soprattutto, ha una passione e un’energia contagiose, e, come
la musica di cui parla, sembra non avere tempo. Ma, pur con lo sguardo
necessariamente rivolto a quel che è stato («Scrivere musica oggi ha senso solo
se c’è un dialogo con il passato»), Orazio è fortemente ancorato all’oggi, al
tempo e alla società in cui vive. «Mai come oggi è indispensabile che un
artista, se ha motivo di esistere, sappia conoscere e interpretare le
problematiche della società contemporanea.
Vivere il proprio tempo vuol dire trovare i punti di contatto tra l’esigenza
interiore di una ricerca e la motivazione, la necessità sociale ed etica di
ciò che trova».
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©Adriana
Benignetti