Autore:
Mario delli Ponti
Titolo:
Musica Maledetta. Il trionfo della non musica
Prefazione:
Lorenzo Arruga
A
cura di: Liliana Garuti delli Ponti
Formato: 15x
21
Pagine: VIII
+ 120
Prezzo: € 19,00
ISBN: 978-88-6540-018-0
Edizione: Zecchini Editore, Varese 2012
«Mario
delli Ponti entra in chiesa: è domenica, c’è un gruppo di giovani con le loro
chitarre e con le loro canzoni: parole e melodie da sentimenti quotidiani,
ritmi da discoteca. Delli Ponti non è solo un pianista prestigioso; è uno
studioso accanito esperto in tutta la musica, ha composto, ha diretto, ha
insegnato dentro e fuori dal conservatorio. Con la musica d’impronta religiosa
del Novecento ha familiarità: ha studiato composizioni intense e diversissime,
come i Vingt regards sur l’enfent-Jésus di
Messiaen e il Terzo concerto di Béla
Bartók col suo inaspettato “Adagio religioso”; ha persino inciso un concerto di
Perosi, tradizionale compositore prediletto della Chiesa italiana. E sa che
nella musica destinata al culto in genere la qualità già da allora è andata
scendendo. Con un atto di bonario ottimismo ha anche sempre raccomandato
pazienza e comprensione per le blande canzoncine popolari di ieri, a cominciare
dallo struscio di voci lamentose sulle parole dalle lunghe vocali di Mira il tuo popolo. Ma questa volta la
pazienza scompare, il Maestro si deprime e s’arrabbia per davvero. In quelle
che ritiene sconvenienti schitarrate, in quel cantare e suonare con chiassosa
mal destrezza, sente il segno d’una colpevole caduta, d’una stola
rassegnazione, d’una rotta non più guidata. La rinuncia al raccoglimento e alla
ricerca per un incontro col sacro. L’allineamento della Chiesa alla logica del
consumismo: soddisfarei gusti facili e immediati di chiunque, quali che siano,
per raccogliere un numero più alto di persone». Lorenzo Arruga (dalla Prefazione)
Chi
ha avuto il piacere di ascoltarlo in uno dei suoi numerosissimi concerti ne ha
apprezzato le doti di eccelso pianista, dalla tecnica formidabile unita a una
rara sensibilità: chi lo ha conosciuto di persona ne ha anche sottolineato lo
spessore umano, la profonda cultura, l’intelligenza viva e brillante – resa
ancora più fervida dalle letture vaste e dagli interessi molteplici – la sua passione,
il suo vivere la musica come una missione e una ricerca, innanzi tutto
interiore, il suo continuo interrogarsi sul significato dell’essere artisti ma
anche sulla realtà circostante. E frutto delle profonde e vive domande di Mario delli Ponti è anche Musica maledetta. Il trionfo della non
musica, libro appena pubblicato dalle Edizioni Zecchini di Varese, e curato
dalla vedova del musicista Liliana Garuti delli Ponti.
Un
libro che nasce da una riflessione e la provoca, allo stesso tempo, in chi
legge perché, dietro quelle parole non c’è solo un esperto studioso e un grande
musicista, ma anche e soprattutto un uomo che vive in pieno la realtà e il
tempo in cui vive. Un tempo nel quale “come l’aria e l’acqua anche gli spazi
abitati dai suoni appaiano profondamente inquinati”: difficile restare
indifferente e non chiedersi quali siano le cause e gli effetti di questo
degrado estetico ma soprattutto e innanzi tutto culturale. Una riflessione che
parte dalla convinzione che sacro e bello debbano coincidere e che la musica,
come disse l’allora vescovo Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI), “ha il
compito tremendo e affascinante di interpretare del mondo d’oggi le
aspirazioni, le inquietudini, il brivido d’assoluto, di placarne con un
messaggio di serenità le oscure crisi di pensiero e sentimento”.
Un
compito che sembra ormai offuscato dal dilagante consumismo sonoro, non solo
accettato ma anche favorito, perfino da un’istituzione, quale la Chiesa, che
dovrebbe avere la propria forza nell’essere totalmente sopra il tempo. Eppure,
riflette delli Ponti, entrando in una chiesa e ascoltando le “sconvenienti
schitarrate”, spesso anche brutte, ci si rende conto di quanto la “dittatura
dello spontaneismo” abbia avuto la meglio anche nel regno del sacro. Delli Ponti
s’indigna, ma va anche a cercare le ragioni e la cause di questa pericolosa
perdita, non solo estetica: favorire il “pattume sonoro” significa, infatti,
rinunciare anche a dare un senso al tempo e alla storia; significa considerare
la musica come mero passatempo, facendole perdere la sua funzione rivelatrice
delle più intense pulsioni della sfera esistenziale.
È
un rapido excursus nella storia,
quello di delli Ponti, con testimoni d’eccezione di ogni tempo, da
Sant’Agostino ad Adorno, da Maritain a Kierkegaard, da Guardini a Ravasi, da
Jubal a Rudolph Otto. Un excursus che ci rivela come le cause di questo
scollamento tra sacro e bello e di quest’abbondare dell’“offerta del peggio”
non siano legate al desiderio di far partecipare il popolo al canto che
esprimeva il Concilio Vaticano II, ma vadano cercate ben più indietro nel tempo.
«Sono ragioni ben più insidiose e radicate: l’incertezza
pressappochista dei princìpi, soprattutto nelle ultime generazioni, la paura
d’affrontare la coscienza della storia, la solitudine unita alla nevrosi di
massa […] conseguenze e segnali della “dittatura dello spontaneismo», come
afferma Lorenzo Arruga nella Prefazione.
Un
invito sempre più pressante alla superficialità quello cui assistiamo, di cui
anche la scuola (in primis nell’educazione
musicale) ha le sue colpe, e che testimonia scristianizzazione e perdita del
senso del Sacro da parte dell’intera società, sempre più rivolta alla conquista
di luccicanti ed effimeri valori. In questo degrado, la musica ha perso il suo
senso originario di “religio, legame,
ponte, congiunzione materiale tra la riconosciuta infinita inadeguatezza che
l’individuo scopre in sé e l’infinito concepibile che il mondo drammaticamente
gli rivela”. E quanto auspicabile sarebbe allora, afferma delli Ponti, aprirsi
al musicale mistero del silenzio, che può e sa essere di una straordinaria
ricchezza perché “come il bianco è la somma di tutti i colori, potrebbe essere
la somma di tutte le musiche”.
Il
viaggio di Mario delli Ponti va lontano nel tempo e nello spazio, fino a concludersi,
nell’ultimo capitolo, con la descrizione di una
liturgia greco-ortodossa per la vigilia della Madonna d’Agosto, sulle
pendici delle colline sopra il mare interno di Tessaglia, nel racconto di una
“vita ritagliata fuori dalla quotidianità, ma fatta di essa”.
Un
libro difficile, quello di Mario delli Ponti, perché richiede tempi lenti e
riflessione profonda; perché provoca domande e dubbi, non solo sul senso della
musica ma anche della nostra società e dei nostri giorni. E quando si arriva
all’ultima pagina del libro, si ha davvero la sensazione che in gioco non ci
siano solo questioni “di gusto”, meramente estetiche, ma molto di più. E si
comprende, quanto sia vera una frase di delli Ponti: «Un’arte che avviene nello
scorrere temporale fa sì che una musica inquinata divenga Tempo inquinato».
Adriana Benignetti