Disponibile dal 30
ottobre 2012 il nuovo CD di Maurizio Baglini dedicato a Robert Schumann
«Il Carnevale di Vienna mi consentì di vincere un pianoforte
a coda al Concorso Clementi, mentre con il Carnaval op. 9 tenni il mio debutto
concertistico in Germania. Negli ultimi vent’anni ho portato questo repertorio
in giro per il mondo, ne ho realizzato anche un’inedita versione multimediale
con le proiezioni del designer Giuseppe Andrea L’Abbate. Finalmente ho potuto
riunirlo in un CD: lo dedico a mio padre che purtroppo è mancato prima di
poterlo ascoltare». Maurizio Baglini
«Tutti gli amici e i
nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel girotondo ritmico e
stupendo della musica, di quella musica che è il mondo delle anime come le
maschere lo sono dei corpi» Jean Paul
Sarà disponibile nei
negozi e online, dal 30 ottobre 2012,
il nuovo CD del pianista Maurizio Baglini, con l’etichetta Decca e dedicato a
Robert Schumann. Il pianista pisano ha registrato, per la prima volta, il Carnaval, accostandolo ad altri 3 capolavori
dello stesso compositore: le Variazioni
Abegg op. 1, Papillons op. 2 e il
Carnevale di Vienna op. 26. Il Cd,
registrato con l’etichetta Decca sarà in vendita nei negozi e online a partire
da martedì 30 ottobre 2012.
Il CD è anche la prima registrazione effettuata nella
Sala degli Arazzi del Museo di Palazzo Reale, a Pisa, sede della Soprintendenza
ai Beni Culturali. È stato registrato in live sul grancoda Fazioli F 1660 di
Maurizio Baglini. Sarà in vendita nei negozi e online dal 30 ottobre 2012.
Riportiamo
integralmente qui di seguito la presentazione del CD di Carlo de Incontrera
ROBERT
SCHUMANN
Dieci
anni, dal 1829-30 al 1839-40, separano l’op. 1 dall’op. 26. Quei dieci anni,
nella biografia di Robert Schumann, rappresentano un turbinoso crescendo di
esperienze artistiche e di vita, dagli anni di apprendistato alla consacrazione
professionale, dalle scapestrate avventure studentesche allo struggente
esclusivo amore per Clara, la giovane figlia del professor Wieck, suo
insegnante di pianoforte. Su questo romantico background nascono,
dunque, le quattro composizioni presenti sul disco, diversissime tra loro, ma
contemporaneamente legate da comuni artifici compositivi e intrecci
psicologici, in una fantasmagoria di citazioni, simbolismi e codici cifrati. La
festa, la danza, il carnevale, le maschere, i travestimenti sono i Leitmotive
che accomunano queste pagine. E poi le evocazioni affettuose, i riferimenti
alle fanciulle amate e a quelle soltanto sognate, con le ombre onnipresenti di
Walt e Vult, i protagonisti di Flegeljahre, L’età dell’inesperienza.
Il testo di Jean Paul Richter è modello, guida spirituale per il giovane
Schumann: l’idealista Walt e il realista Vult diventano Eusebius e Florestan, i
due romantici antagonisti nel dibattito cultural-politico della Lega di
David. Nel gioco delle maschere e dei travestimenti si celano gli omaggi
cifrati - secondo una prassi cara a molti compositori, sin dal Medioevo, spesso
collegata alle leggi della Kabbalah – che Schumann inventa con
straordinaria perizia e dopo attenti studi basati sulla Kryptographik,
opera semiologica di Johann Ludwig Klüber, professore a Heidelberg, nella
stessa facoltà di giurisprudenza frequentata, qualche anno dopo dal giovane
musicista. Una delle tecniche, quella della corrispondenza tra lettere
dell’alfabeto e note musicali secondo la denominazione tedesca (come nel caso
BACH: B/si bemolle A/la C/do H/si naturale) viene utilizzata ripetutamente da
Schumann, anche con complesse e personali integrazioni ispirate al testo di
Klüber. Tali procedimenti sono stati oggetto di numerose interpretazioni; su
tutte si distinguono quelle di Eric Sams, musicologo e crittografo di
indubitabile perizia, avendo operato nell’Intelligence britannica
durante la Seconda Guerra mondiale con l’incarico di decrittare i codici
militari tedeschi. Lo sguardo acuto di Sams penetra nelle pagine schumanniane,
scioglie anagrammi ed enigmi, si identifica con i personaggi, rivive le
situazioni. Ed è uno sguardo d’amore, che al di là delle indagini, delle
ipotesi e intercettazioni, sa cogliere il profondo messaggio poetico
dell’opera. Le Variazioni Abegg sono la prima opera meritevole,
secondo il suo autore, di essere data alle stampe. Schumann ha diciannove anni,
è un promettente allievo di Friedrich Wieck. Sul modello della Marche
d’Alexandre op. 32 per pianoforte e orchestra di Ignaz Moscheles, suo
cavallo di battaglia, nella versione per pianoforte solo, in alcune soirées
musicales a Zwickau e a Heidelberg, egli abbozza (è il 1829) un ciclo di
variazioni pianistiche con accompagnamento orchestrale. Ridimensiona ben presto
il progetto sinfonico e pubblica questo Thème sur le nom Abegg varié pour le
Pianoforte op. 1 (ed. Kistner, Lipsia, 1831). Sotto il titolo
campeggia la dedica a una fantomatica contessa Pauline von Abegg. In realtà si
tratta di Meta Abegg, un’avvenente fanciulla incontrata a un ballo mascherato a
Mannheim, figlia di un impiegato comunale. Sul suo musicalissimo cognome (A/la,
B/si bemolle, E/mi, G/sol, G/sol) Schumann modella il tema, dispiegandolo
linearmente sopra un ritmo di valzer. Ma sin dalla prima variazione egli
utilizza la melodia in senso strutturale, allontanandosi dagli schematismi
tipicamente salottieri di questo genere di composizioni: gli intervalli sono
proiettati ad altezze diverse, in senso retrogrado (GGEBA), raggruppati
verticalmente, sino a smarrirsi e riapparire, prima della volata conclusiva del
Finale alla Fantasia, in un accordo che lentamente si dissolve. Sempre
nel 1829 Schumann inizia a tracciare i primi abbozzi di Papillons op. 2,
che l’editore Kistner pubblica nel 1832 con una deliziosa copertina con voli di
farfalle, scritte ombreggiate, e la dedica ornatissima alle cognate Therese,
Rosalie et Emilie. In tutto dodici brevi danze ispirate al ballo in maschera, Larven-Tanz,
penultimo capitolo dei Flegeljahre, come lo stesso Schumann spiega in
una lettera, davvero imprudente, al poeta e critico musicale Ludwig Rellstab,
colto e arrogante, ostile a ogni contaminazione in ambito musicale. L’esito fu,
manco a dirlo, una stroncatura. Eric Sams ha fornito la più articolata e
suggestiva analisi di quest’opera, ricostruendo la relazione tra i singoli
episodi musicali e quelli narrati da Jean Paul, basandosi sulle sottolineature
e annotazioni di Schumann sull’esemplare in suo possesso, ancora conservato
nella casa-museo di Zwickau. Non mancano, anche in questo caso, i riferimenti a
cellule tematiche cifrate. Ed è lo stesso titolo ad aprire un’affascinante
discussione: die Larve, in lingua tedesca, significa maschera, fantasma
e anche larva. Così dal ballo mascherato dei Flegeljahre escono
i personaggi di Vult e Walt, della dolce Wina, di vari travestimenti e
metamorfosi, delle apparizioni fugaci, impalpabili e iridate, come ali di
farfalla. E sono quel ritratto dell’anima, Seelegemälde, che per
Schumann è l’essenza della propria musica. Nel frattempo, il ventunenne
compositore, ospite nella casa del maestro Wieck, inventa dei soprannomi per i
suoi amici più cari: Meister Raro (Wieck), Cilia (sua figlia Clara), Eusebius e
Florestan (lui stesso, riflesso nella doppia natura dei gemelli Walt e Vult).
In Raro si rispecchia la figura hoffmanniana del Kapellmeister Kreisler.
Ma forse è anche una primissima criptica dedica sentimentale: claRARObert? Gli
stessi nomi si associano all’idea del Davidsbund, Lega di David,
movimento che ha per fine il dibattito artistico, la riflessione, la funzione
costruttiva della critica, necessaria per la formazione del pubblico. Ed ecco
concretizzarsi la fondazione della Neue Zeitschrift für Musik, la
rivista musicale, espressione del movimento culturale-politico dell’Europa
degli anni Trenta, che Robert Schumann dirige per un decennio. Su questo
sfondo, tra il 1833 e il 1835 nasce il Carnaval op. 9 -
pubblicato nel 1837 da Breitkopf, con la dedica a Karol Lipiński, il celebre e
molto ammirato violinista polacco -, opera fra le maggiori del catalogo schumanniano,
stupefacente per la ricchezza poetica, i significati profondi, la magistrale
scrittura pianistica; e nuovamente le allusioni, gli enigmi, le evocazioni
fugaci. Da fliegt der Schmetterling fort! (Ecco la farfalla che vola!). Scènes
mignonnes sur quatre notes è il sottotitolo, ancora una volta in francese:
venti miniature, incorniciate da un Préambule e da una Marche des
“Davidsbündler” contre les Philistins di proporzioni decisamente più vaste.
Appaiono in rapida successione, a volte celati da maschere della commedia
dell’arte, i personaggi più amati, reali o fantastici. Ecco Chopin e Paganini,
presenti in due stupende simulazioni stilistiche; Clara, da tempo partecipe di
scambi affettuosi, lettere, omaggi musicali (lei gli dedica una Romance
variée, op. 3, lui contraccambia con Chiarina, undicesimo tableau,
e riprende un tema di lei nel Valse allemande). Ecco gli immancabili Eusebius
e Florestan, rispettivamente un Adagio - poi Più lento,
molto teneramente -, e un Passionato con due improvvisi brevissimi e
leggerissimi Adagio. Tra parentesi la scritta “Papillon?”. Forse è una
rimembranza da Jean Paul: “Sul finire della danza, durante il rapido sfiorarsi
delle mani, l’incrociarsi e sfuggirsi dei corpi […] furono più sospiri che
parole, farfalle di un’isola lontana, confuse e smarrite sul mare”. Quasi
furtivamente, nel Préambule, risuonano le note beethoveniane dell’Egmont
e quelle schubertiane del Trauer-Walzer D 365/2. Il quadro numero tredici
ha ancora un nome, Estrella, la fidanzatina Ernestine von Fricken,
figlia adottiva di un nobile, capitano dell’esercito a Asch. Il nome di questa
cittadina della Boemia occidentale (Aš) al confine con la Baviera, tradotto in
lettere musicali corrisponde a La bemolle/Do/Si, lettere che appartengono anche
a Schumann, e al cognome Harnisch dei due gemelli Walt e Vult. Con ingegnose
metamorfosi (As/La bemolle viene scisso in A/La e S/Mi bemolle, data la
pronuncia tedesca della consonante Es) Schumann crea tre cellule, che
diventano elementi strutturali dell’opera. Sullo spartito sono segnate come Sphinxs,
con evidente riferimento non alle figure mitologiche, bensì alle sfingidi, le
farfalle notturne, a volte inquietanti come nel caso dell’Acherontia Atropos
con la ‘maschera’ di testa di morto sul dorso. Nella Marche finale
ecco un’ultima citazione: der Großvatertanz, l’antica danza che
tradizionalmente chiudeva le feste contadine. Questo tema del XVII secolo si
ritrova nuovamente in Faschingsschwank aus Wien, op. 26, i Phantasiebilder,
Quadri fantastici, composti tra il 1838 e il 1840 (editi da Mechetti a
Vienna, nel 1841). Appare chiara, nella parola composta del titolo, inventata
da Schumann, la presenza della sfinge ASCH e dei suoi specchi in SCHumAnn e hArniSCH,
con un rimando alla scena in cui Walt Harnisch mentre accorda un pianoforte
rompe tre corde: la, do e si (A C H). “Che strano, tutte note che si trovano
nel vostro nome, signor Harnisch, conoscete di certo di certo l’aneddoto di
Bach […]”. La dedica è per un belga, Simonin de Sire, primo grande entusiasta
‘non tedesco’ della sua musica. Schumann è a Vienna, per sei mesi, tra
l’autunno del 1838 e la primavera seguente. Spera di potersi trasferire nella
capitale dell’Impero, di costruirsi una nuova vita insieme a Clara, lontano
dagli intrighi e dalla vigilanza insopportabile del padre di lei. Spera anche
in un nuovo editore per la sua rivista. La burocrazia e la censura austriaca
rendono vano ogni tentativo. Tra delusioni e struggimenti per l’amata lontana,
l’atmosfera allegra e leggera della città gli ispirano questo ritorno al tema
del carnevale, ovvero, letteralmente: farsa, commediola, burla di carnevale da
(di) Vienna. Non è più un susseguirsi di brevi immagini musicali, ma una große
romantische Sonate, in cinque movimenti, curiosamente invertiti rispetto
alla classica sequenza: inizia con un Allegro simile a un rondò e
termina con un Finale in forma di primo tempo di sonata. Nel rondò, in
particolare, nel caleidoscopico riaffiorare del tema principale in mezzo a
episodi sempre nuovi, ritroviamo il Giano tragicomico di Eusebius e Florestan,
riflesso nei repentini cambiamenti di umore. Poi, con un inaspettato sberleffo,
probabile vendetta all’indirizzo della censura e della reazionaria politica viennese,
irrompe il tema della Marsigliese, vietatissimo da Metternich. I tempi
centrali sono fortemente contrastati: dolcissima e malinconica la Romanze,
ritmicamente ossessivo lo Scherzino, appassionato (Mit größter
Energie / Colla più grande energia)l’Intermezzo, impetuoso e
magistralmente strutturato (Höchst lebhaft / Il più vivace possibile) il
possente Finale. Una trasposizione pianistica dai Flegeljahre? “[…]
Tutti gli amici e i nemici sono qui allegramente e lievemente trascinati nel
girotondo ritmico e stupendo della musica, di quella musica che è il mondo
delle anime come le maschere lo sono dei corpi”.
Carlo de Incontrera
Nato a Pisa nel 1975
e vincitore a 24 anni del “World Music Piano Master” di Montecarlo, Maurizio Baglini è tra i musicisti più
brillanti e apprezzati sulla scena internazionale. Ha al suo attivo un’intensa
carriera in Europa e in America: oltre 1200 concerti come solista e 900 di
musica da camera in sedi prestigiose come la Salle Gaveau di Parigi, la
Cappella Paolina del Quirinale o il Kennedy Center di Washington. Suona
stabilmente anche in duo con la violoncellista Silvia Chiesa. Dal 2008 promuove il progetto “Inno
alla gioia”, eseguendo in tutta Europa la “Nona Sinfonia” di Beethoven nella trascendentale
trascrizione per pianoforte di Liszt, che ha anche registrato su cd. Il suo
vasto repertorio spazia da Byrd alla musica contemporanea, con riferimenti
importanti a Chopin e a Liszt. I suoi cd più recenti sono pubblicati da Decca: nel 2011 Rêves, con i
capolavori per pianoforte solo di Liszt (premio “Année Liszt en France” dal
comitato ufficiale per le celebrazioni dell’anno lisztiano); nel 2012 Cello Sonatas, in duo con Silvia
Chiesa, con le Sonate per violoncello e pianoforte di Brahms e l’“Arpeggione”
di Schubert. Entrambi gli album
hanno raccolto ampi consensi dalla critica (Repubblica, Manifesto,
Milano Finanza, Rai Radio3 Suite, Amadeus, Classic Voice, Giornale della
Musica, Musica, Suonare News, American Record Guide, RSI). Per
novembre 2012 è prevista l’uscita del suo nuovo CD dedicato alla musica per
pianoforte solo di Schumann. È direttore artistico dell’Amiata Piano Festival (che
ha ospitato, tra gli altri, Andrea Lucchesini, Massimo Quarta, Danilo Rea e Sir
Peter Maxwell Davies). Dal 2011 cura la direzione artistica del nuovo progetto
di lezioni-concerto presso Palazzo Reale a Pisa e del festival da camera francese
“Les musiques de Montcaud”. Appassionato
di atletica, si allena con regolarità: nel 2012 ha partecipato alla Maratona di
Parigi e si sta preparando per le Maratone di Berlino, Amsterdam e New York. Maurizio
Baglini suona un grancoda Fazioli.
Adriana Benignetti