venerdì 13 luglio 2012

Incontro ravvicinato con ... Andrea Battistoni

«[…] non credo ci siano regole se non amare la musica alla follia ed essere disposti a sacrificarle un pezzo della propria vita».



Lo scorso 2 luglio ha compiuto 25 anni. Soltanto, verrebbe da aggiungere: perché, leggendo il suo curriculum, si rimane a dir poco sbalorditi. Avvicinatosi alla musica a 7 anni, quando ha iniziato a studiare il violoncello, Andrea Battistoni è stato “folgorato” dalla bacchetta 17enne e, in pochissimo tempo, ha bruciato tutte le tappe arrivando a calcare i palchi delle sale e dei teatri più prestigiosi del mondo. Pochi mesi fa, il debutto anche al Teatro alla Scala con Le Nozze di Figaro



Un debutto segnato da un record: Battistoni è stato il più giovane direttore a entrare nella “buca” milanese. Un debutto che ha, inevitabilmente, acceso i riflettori su di lui regalandogli soddisfazioni e popolarità ma anche, com’è fisiologico che avvenga in questi casi, qualche critica e commento negativi. Ho sottoposto Andrea a un vero e proprio interrogatorio e sono rimasta piacevolmente sorpresa: dalla sua gentilezza e disponibilità, in primis; dalla celerità, anzi dall’immediatezza con cui mi ha risposto, a dispetto dei suoi impegni; infine, dalle sue risposte. Battistoni ha un talento straordinario: un talento che, certamente, ha bisogno di trovare nel tempo e nell’esperienza degli amici preziosi e degli indispensabili consiglieri. Un talento nelle mani, sostenuto, però, da un testa più che “pensante”, da una grande apertura mentale, da una fortissima determinazione ma anche da una bella sensibilità e da una passione profonda e sincera per la musica. Tutte doti queste che, unite alla sua autocritica, al desiderio e al coraggio di mettersi sempre in discussione e di non smettere mai di imparare, sono e saranno i suoi più preziosi alleati.


In più occasioni hai raccontato che in casa tua “si respirava” musica e che per te e tuo fratello è stato naturale avvicinarsi alla musica. Perché hai scelto proprio il violoncello?
Non lo ricordo, davvero; probabilmente mi ha attirato la forma così particolare, il suono scuro e profondo. È stato un ottimo compagno di viaggio per muovere i primi passi nella musica!


Quando e come è scattato, invece,  il colpo di fulmine per la bacchetta?
Quando ho scoperto veramente il repertorio sinfonico, che prima dell’adolescenza non avevo avuto occasione di avvicinare con continuità: ricordo che l’ascolto della Quarta Sinfonia di Tchaikovsky mi fece pensare: “Ma allora è per suonare questa meraviglia che si studia tanto?”. E da lì il pensiero: “Ma colui che ‘suona’ l'orchestra è davvero il direttore?”.Una ricerca iniziata già allora ... 

Quanto ti è stato utile aver suonato in orchestra?
Molto. È importante conoscere dall’interno le dinamiche del suonare insieme agli altri, osservare il modo in cui l’energia del direttore si trasmette agli orchestrali, vedere come i musicisti reagiscono tra loro agli stimoli di chi dirige. Anche la musica da camera è stata fondamentale per la mia formazione.


C’è stato un momento preciso in cui hai capito che la musica sarebbe diventata la tua professione?
Non ho mai guardato alla musica, durante gli anni di studio, come a una professione o una carriera: sapevo solo che la mia vita doveva essere dirigere, o comunque fare musica insieme agli altri, a qualsiasi livello, con qualsiasi formazione, al di là di teatri e grandi orchestre. Poi, la fortuna mi ha aiutato a coronare tanti sogni!


C’è stato qualche momento in cui hai pensato di mollare?
No, mai, anche se a volte, nei periodi di lavoro più intenso, la stanchezza si fa sentire.

Hai iniziato a studiare direzione a 17 anni e a 24 ti sei ritrovato sul palco del Teatro alla Scala, battendo il record di direttore più giovane salito su quel podio. Bravura, talento, determinazione, fortuna, incontri giusti: cosa ha contato di più?
Credo tutti questi fattori insieme. Se non avessi talento e preparazione, non avrei incontrato persone disposte a credere nelle mie capacità: il caso che governa il nostro destino a volte ci aiuta con qualche colpo di fortuna ma bisogna poi provare di esserselo meritato!



Ti senti diverso dai tuoi coetanei?
No: ho solo avuto l’opportunità di conoscere in anticipo molti aspetti della vita. Non so fino a che punto sia stata una fortuna!

Essere sotto i riflettori significa avere tanti ammiratori ma anche tanti detrattori. Come reagisci a commenti negativi o critiche feroci?
Ci posso restare male 5 minuti, ma se non avessi fiducia in me stesso e in quello che so fare, non avrei nemmeno cominciato a fare musica. Nel profondo, so sempre quando ho fatto qualcosa di buono o di sbagliato: non ho bisogno di critiche o elogi quando non sono sinceri e obiettivi. Del livore altrui, non so proprio che farmene.




Com’è una tua giornata tipo quando non sei in tournée?
Sveglia il più tardi possibile, una bella passeggiata per Verona, un saluto agli amici in Conservatorio fumando un Toscano nel suo chiostro antico, un po’ di studio, una serata in compagnia, magari al cinema o a un concerto, e poi tirare all’alba tra chiacchiere e follie.

Che musica ascolti?
Di tutto: dal jazz al rock al musical.

È vero che suoni anche in una band?
Certo! E anche in un gruppo di cabaret musicale, “The B-Side Trio” … perché la musica è soprattutto relax e divertimento.




Un’orchestra che ti è rimasta nel cuore …
Due: l’orchestra dell'Arena di Verona e la Tokyo Philarmonic.

Un’orchestra che vorresti dirigere …
Dico i Berliner Philarmonicker che sono il sogno di ogni direttore, ma sono tantissime quelle con cui mi piacerebbe debuttare.
  
Un momento indimenticabile …
Il debutto all’Arena di Verona nel 2011 con “Il Barbiere di Siviglia”.
Un episodio che ti ha lasciato l’amaro in bocca …
Il bellissimo, controverso, debutto alla Scala, da qualcuno contestato, a mio avviso, in maniera piuttosto infondata, tant’è che le repliche sono state un successo. Pazienza!

Hai mai trovato in un’orchestra un clima di diffidenza o prevenzione per la tua età?
Molto spesso ma è naturale e comprensibile: lo si può scalfire solo con un lavoro onesto, appassionato, che cerchi di rendere partecipi i musicisti attraverso preparazione e impegno.

I tuoi amici più stretti sono musicisti?
La maggior parte sono colleghi o ex compagni di studi, ma è bellissimo poter staccare dalla musica con tutti gli amici che non sono dell'ambiente!


Cosa ti ha spinto a scrivere “Non è musica per vecchi”?
Il dispiacere di vedere i grandi capolavori sinfonici e operistici ignorati dalle generazioni più giovani. Se siamo in tanti, a secoli di distanza dalla composizione di queste opere, che ancora ci interroghiamo su come eseguirli, come tradurne lo spirito, significa di certo che questa musica ha molto da regalarci!

Perché, secondo te, in Italia è così difficile vedere giovani ai concerti o alle opere? 
Primo, perché in Italia non c'è una corretta alfabetizzazione musicale. Secondo, perché si cerca sempre di far passare la musica classica come cultura élitaria, parte della tradizione, e di questo ai giovani non può importargliene di meno! La musica è prima di tutto sangue, sudore, sesso, pazzia, rabbia, estasi … Emozione allo stato puro! Questo va fatto capire, e la prima responsabilità ce l’abbiamo noi interpreti!

Nel tuo libro parli anche dell’educazione musicale in Italia che, spesso, più che avvicinare allontana i giovani. Da dove si dovrebbe ripartire?
Parlo in generale, perché, pur nella condizione disastrata della nostra istruzione musicale esistono luminose eccezioni, insegnanti capaci e combattivi che rendono onore a questa grande arte! Il percorso di ogni studente andrebbe indirizzato anche verso la musica, come avviene in tutte le scuole con Storia dell'arte … La musica non è forse arte? I ragazzi vanno avvicinati molto presto alla musica, TUTTI i tipi di musica, senza preconcetti e con motivazione, non tanto per garantire a noi musicisti un pubblico, quanto per far scoprire loro un mondo di meraviglie!


Quale opera consiglieresti di ascoltare a un ragazzo che vuole avvicinarsi alla lirica?
Rigoletto, La Traviata, La Bohème, Turandot, solo per citare un manciata di lavori di Verdi e Puccini! Opere che possano raccontare, come in un film, con azione frenetica e grande energia, delle storie appassionanti.

E per la sinfonica?
Forse i "Quadri di un'esposizione" di Mussorgsky/Ravel. Qui l'orchestra è veramente un pittore che disegna un affresco enorme, o un cantastorie che ci incanta con favole immaginifiche!


Quali sono, per te, le doti fondamentali che deve possedere un buon direttore d’orchestra?
Una vasta cultura musicale, una tecnica direttoriale testata sul campo, e tanta pazienza! È una professione, in sostanza, che non si finisce mai di imparare.




Cosa, invece, rende “speciali” e fa la differenza?
Mah … Quel fattore X, termine tanto abusato oggi, che invece in musica esiste sul serio e fa dell’incontro tra un direttore e un’orchestra un corpo e un'anima sola.

Il compositore che senti più vicino?
Tchaikovsky.

C’è qualcosa che non hai ancora diretto e ti piacerebbe dirigere?
Tantissimi capolavori: per citarne uno, le "Danze Sinfoniche" di Rachmaninov.

C’è stato un maestro o un direttore che ha influito di più su di te?
Gabriele Ferro, con cui ho studiato alla Scuola di Musica di Fiesole: mi ha fatto capire cosa vuol dire dirigere davvero un’orchestra.


Quanto contano le vittorie ai concorsi musicali?
Ormai molto poco: credo che solo un paio di eccellenti concorsi nel mondo possano ancora attirare l’attenzione dei teatri e dei media. 

Come vedi il futuro musicale in Italia?
Se continua di questo passo, molto male: l’educazione musicale va radicalmente ripensata e l’assetto dei teatri dovrebbe ispirarsi a quello di altri Paesi. Ci vorrebbero però delle scelte radicali a livello politico e organizzativo, praticamente impensabili al momento.

Che consigli daresti a un ragazzo che vuole intraprendere la strada della direzione?
Di armarsi di coraggio e tenacia, voglia di studiare, sbagliare e ricominciare. È una carriera, un percorso di studi molto particolare e difficile: ognuno ha la sua strada e quindi non me la sento di dare consigli, non credo ci siano regole se non amare la musica alla follia ed essere disposti a sacrificarle un pezzo della propria vita.

Adriana Benignetti

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