martedì 17 luglio 2012

A colloquio con Giampaolo Maria Bisanti … dietro una bacchetta

«Non c’è un modo giusto di dirigere, ma ci sono tanti modi sbagliati di farlo. Dire “sono stato bravo” e non farsi più domande vuol dire essere morto come musicista»



Un uomo “d’altri tempi”: è la prima cosa che ho pensato dopo averlo salutato. Poi, ho guardato l’orologio e, con grande stupore, mi sono accorta di aver trascorso ben 2 ore a parlare con lui. 2 ore letteralmente volate! Il “lui” in questione è Giampaolo Maria Bisanti, giovane direttore milanese, che ho incontrato a Milano in un suo ritorno-lampo a casa. Ha da poco terminato La Traviata al Maggio Musicale Fiorentino ed è già pronto a rifare la valigia per Trapani, dove dirigerà Il Trovatore.


Un uomo d’altri tempi dicevo, perché, in un momento storico in cui l’immagine e l’apparenza sembrano essere tutto e i tempi vengono bruciati dall’imperativo “tutto e subito”, Bisanti sa aspettare e ponderare: conosce il valore della lunga gavetta, la necessità di fare un passo dopo l’altro, con grande onestà intellettuale verso se stesso, verso il pubblico e, soprattutto, verso i compositori. Tutti valori fondamentali, imprescindibili in un mestiere difficile e complesso come il suo. «Credo nel sacrificio, nell’abnegazione, nel cascare e saper cogliere dai propri errori uno spunto per migliorarsi» mi dice. E aggiunge: «In fondo, è questa la carriera di un direttore d’orchestra: sbattere la testa e non sentirsi mai arrivati. Mai! È un mestiere in cui bisogna mettersi perennemente in discussione e crescere non solo individualmente, ma anche e soprattutto nei confronti dei compositori».




Mi confessa che gli capita spesso, dopo un concerto o una recita, di passare di ritorno dalla cena nuovamente davanti al teatro nel quale ha diretto e di sentire un’altra energia: «È quello il momento in cui è necessario interrogarsi sul proprio lavoro. Per carità, bisogna essere contenti del risultato, quando è stato positivo e, soprattutto, quando il pubblico ti ha restituito l’energia con l’entusiasmo e l’apprezzamento. Io, però, mi metto in discussione sempre: durante ogni prova o recita; ogni volta che incontro un’orchestra o faccio delle scelte. Tante volte, dopo una serata emozionante, mi sono detto: “Quella cosa, però, non mi è piaciuta perché non risponde alle esigenze del cantante, non risponde in pieno a quello che il compositore voleva". Non c’è un modo giusto di dirigere ma ci sono tanti modi sbagliati di farlo. Dire “sono stato bravo” e basta è la tua morte».


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Adriana Benignetti