Der Rosenkavalier
Commedia per musica in tre atti
Musica
Richard Strauss (Monaco di Baviera, 11 giugno 1864 – Garmisch-Pantenkirchen, 8 settembre 1949)
Libretto
Hugo von Hofmannsthal (Vienna, 1° febbraio 1874 – Vienna, 15 luglio 1929)
Prima rappresentazione
Dresda, Königlisches Opernhaus, 26 gennaio 1911
Personaggi
La Marescialla, principessa di Werdenberg (Soprano)
Il Barone Ochs di Lerchenau (Basso)
Octavian, detto Quinquin, giovane di nobile casato (Mezzosoprano)
Il Signore di Faninal, uomo ricco, di nobiltà recente (Baritono)
Sophie, sua figlia (Soprano)
La zitella Marianne Leitmetzerin, duenna (Soprano)
Valzacchi, un intrigante (Tenore)
Annina, sua compagna (Contralto)
Un Commissario di polizia (Basso)
Il primo Maggiordomo (presso la Marescialla) (Tenore)
Il primo Maggiordomo (presso Faninal) (Tenore)
Un Notaio (Basso)
Un Oste (Tenore)
Un cantante italiano (Tenore)
Una Modista (Soprano)
Un venditore di animali (Tenore)
Uno scienziato, un flautista, un parrucchiere, il suo aiutante, una nobile vedova, tre nobili orfane, quattro lacchè della Marescialla, quattro camerieri, un piccolo negro, lacchè, corrieri, aiduchi, gente di cucina, ospiti, suonatori, due guardie, quattro bambini, vari figuri equivoci.
Ambientazione: Vienna, nei primi anni del regno di Maria Teresa
Argomento
Atto I
Vienna, primi anni del regno di Maria Teresa. Camera da letto della Marescialla
La Marescialla, approfittando dell’assenza del marito, ha appena trascorso una notte d’amore con l’amante diciassettenne, il conte Octavian detto Quinquin. Al mattino, i due amanti si scambiano tenerezze affettuose, ma la donna teme il ritorno del marito e, così, quando sentono bussare alla porta Octavian si nasconde: è, invece, il paggetto nero della Marescialla che ha portato la colazione. Arriva il barone Ochs, cugino della Marescialla: Octavian si nasconde di nuovo e ricompare travestito da seducente cameriera, “Mariandel”, che subito attira le attenzioni del lascivo barone. Quest’ultimo è venuto a chiedere consigli alla cugina riguardo all’imminente cerimonia del suo fidanzamento con Sophie von Faninal, figlia di un ricco mercante che ha appena ottenuto il titolo nobiliare e cerca un giovane nobile che, secondo la consuetudine, consegni alla fidanzata la rosa d’argento, simbolo della domanda matrimoniale. Indispettita, ma allo stesso tempo divertita, dalle continue attenzioni del barone a “Mariandel”, invitata perfino a cena da Ochs, la Marescialla propone il conte Octavian come “cavaliere della rosa”. Nel frattempo giunge il maggiordomo che annuncia alla Marescialla le visite della mattina: una vedova con le tre figlie, un parrucchiere, venditori vari, un letterato, un flautista e un tenore (che si esibisce in un’aria di stile italiano); tutti offrono i loro servigi alla Marescialla. Infine, arrivano gli intriganti italiani Valzacchi e Annina che riescono a farsi assumere dal barone come spioni. Rimasta finalmente sola con Octavian, che ha lasciato gli abiti femminili, la Marescialla si mostra rassegnata: è consapevole che la sua bellezza presto sfiorirà e che Octavian cercherà sicuramente una donna più giovane. Il conte la rassicura in un modo convenzionalmente risentito e se ne va, senza darle nemmeno un bacio; la Marescialla invia i servitori a cercarlo, ma ormai egli è lontano. Affida allora al paggetto nero la rosa da consegnare al giovane cavaliere.
“Di rigori amato il seno”, Atto I, Giuseppe Di Stefano
Atto II
Un salone nel palazzo del signore di Faninal
Nel palazzo del signore di Faninal fervono i preparativi per la cerimonia di fidanzamento tra la figlia Sophie e ilbarone Ochs: quest’ultimo sarà preceduto dal “cavaliere della rosa”, il cui arrivo viene annunciato. Tra i due giovani scatta subito un’irresistibile attrazione e Octavian, in attesa dell’arrivo del barone, confida innocentemente alla giovane tutta la sua ammirazione. Giunge il barone che si rivolge davanti a tutti alla futura sposa in un modo alquanto grossolano, provocando in Sophie un profondo fastidio. Quando il barone Ochs si apparta con il notaio per la stesura del contratto nuziale, Octavian promette a Sophie che farà di tutto per impedire la celebrazione del matrimonio; i due giovani si scambiano anche un bacio. Valzacchi e Annina, entrati all’improvviso e avendo scorto i due giovani in atteggiamento affettuoso, chiamano a gran voce Ochs che ostenta indifferenza, almeno fino a quando Octavian non annuncia pubblicamente che Sophie non vuole più sposare il barone. Ochs ordina ai lacchè di intervenire – Sophie si è rifugiata dietro Octavian rifiutandosi di firmare il contratto nuziale – ma il giovane sfodera la spada e lo ferisce lievemente. Il barone comincia a gridare a squarciagola, fingendosi moribondo, mentre i suoi servi lo aiutano a sedersi: interviene il signore di Faninal che ordina alla figlia di recedere dai suoi propositi, pena l’immediata chiusura in convento. Nel frattempo Annina consegna a Ochs un biglietto di “Mariandel”, che accetta l’invito a cena del barone. La scena ha termine con la soddisfazione di Ochs che, nonostante l’accaduto, si consola pensando all’imminente appuntamento galante.
Finale Atto II, Barone Ochs, Amnfred Hemm
Atto III
Una camera separata in una locanda
Nel luogo dell’appuntamento dato da “Mariandel” al barone, tutto è pronto per la trappola ordita nei minimi particolari dai due italiani Annina e Valzacchi (che nel frattempo sono passati al servizio di Octavian). Quando il barone giunge al braccio di Octavian, che si è travestito nuovamente da “Mariandel”, trova un’orchestrina che lo accoglie a ritmo di valzer e il personale della locanda che offre tutta una serie di costosi servizi; il barone promette allora una lauta mancia a Valzacchi se riuscirà a ottenere una riduzione sul conto. Durante la cena, “Mariandel” stuzzica Ochs col suo comportamento scioccamente ritroso: il barone, pur “infastidito” dalla somiglianza della cameriera con Octavian, continua a corteggiare la giovane. Improvvisamente, da ogni angolo della stanza, cominciano ad apparire, come spettri, volti terrificanti che lo fissano: arriva anche Annina dichiarando che Ochs è suo marito, mentre quattro bambini, istigati da Valzacchi, si rivolgono a lui gridando “Papà!”. Il barone, al culmine dello spavento e dell’esasperazione, chiama la polizia e, davanti al commissario, dichiara che la giovane con cui si trova è la sua fidanzata. Proprio nel momento in cui pronuncia il suo nome, entra il signore di Faninal che, vista la situazione, sviene per la vergogna e, soccorso da Sophie che nel frattempo è sopraggiunta, viene trasportato in un’altra stanza. “Mariandel” approfitta del nuovo trambusto per rivelare al commissario la burla che è stata inscenata e per liberarsi degli abiti femminili. L’indignazione di Ochs esplode ma viene interrotta dall’entrata della Marescialla che, compresa immediatamente la situazione, dapprima congeda il commissario, confermandogli che si è trattato davvero di una burla, poi si rivolge con severità al barone che fugge inseguito dai musici e dai camerieri suoi creditori. In scena rimangono solo Sophie, Octavian e la Marescialla, la quale ha ormai compreso la natura del legame che unisce i due giovani e, intimamente addolorata, accondiscende suo malgrado al loro amore. Si reca da Faninal, col quale esce poco dopo a braccetto: il padre di Sophie ha dato il benestare al nuovo amore della figlia e i due giovani si ripetono le loro tenere espressioni d’amore e lasciano la locanda. Sulla scena resta solo il paggetto nero della Marescialla, venuto a cercare un fazzoletto perduto poco prima da Sophie.
Trio Atto III, “Marie Theres'! Hab' mir's gelobt”
Genesi dell’opera
«[…] Ma c’è qualcosa che per noi due è assai più importante (così spero): qui in tre pomeriggi tranquilli ho preparato un canovaccio completo e tutto originale di un’opera, con decisi elementi comici nei personaggi e nelle situazioni, con una vicenda varia ed evidente quasi come una pantomima, con occasioni per parti liriche, burlesche, umoristiche e perfino per un piccolo balletto. Il mio abbozzo lo trovo incantevole, e il conte Kessler, con cui ne ho discusso, è entusiasta. Due belle parti per baritono e per un’attraente fanciulla in costume virile à la Farrar o Mary Garden. Epoca: la Vienna di Maria Teresa. […]».
(Lettera di Hugo von Hofmannsthal a Richard Strauss dell’11/02/1909)
(Lettera di Hugo von Hofmannsthal a Richard Strauss dell’11/02/1909)
In questa lettera del febbraio 1909, Hugo von Hofmannsthal rivela al compositore il progetto di un’opera che si avvicinava allo spirito mozartiano e all’opera buffa italiana, seguendo le intenzioni di Strauss, dopo gli “eccessi” di Salome ed Elektra. Fondamentale è, in effetti, il rinvio alla Nozze di Figaro di Mozart, ma anche a Monsieur de Pourceaugnac di Molière e al ciclo di Louvet de Couvray intitolato Les amours du chevalier de Faublas.
Un altro riferimento importante è contenuto in una lettera di Strauss a Hofmannsthal (13 agosto 1909): «Nel Falstaff di Verdi c’è un monologo tanto grazioso all’inizio dell’ultimo atto: comincia con le parole: “Ehi! Taverniere! / Mondo ladro”. Immagino simile la scena del Barone dopo che Faninal è uscito: il Barone sul divano, il medico che lo assiste, i domestici muti schierati a capo del letto, il Barone che parla a intervalli, un po’ tra sé, un po’ agli altri. Ora trionfante, ora abbattuto, sempre interrotto dagli interventi orchestrali
si lamenta del dolore,
maledice Quinqin,
fa commenti sulla sposa.
L’impostazione è buona, ma è da svolgere ancora un po’, qualcosa come 8 versi.[…]».
Der Rosenkavalier rappresenta, secondo molti, il prodotto più riuscito della lunga e proficua collaborazione tra Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal: fin dalla sua prima rappresentazione a Dresda nel 1911, con la regia di Max Reinhardt, l’opera fu accolta in modo trionfale, dovunque, eccetto alla prima italiana (sempre nel 1911 alla Scala), dove venne contestata e fischiata da un gruppo di giovani futuristi. Non unanime è stata, nei confronti dell’opera, la critica, soprattutto nei primi decenni: celebre la “stroncatura” di Adorno, secondo il quale la musica di Strauss possedeva “una spontaneità derivante unicamente dalla tecnica”.
Libretto
«Il libretto di Hofmannsthal è circonfuso da una graziosa atmosfera rococò che mi sono sforzato di tradurre in musica. Lo spirito di Mozart mi era presente, ma io sono rimasto fedele a me stesso». Richard Strauss
Nella prima lettera riguardante Der Rosenkavalier di Hofmannsthal a Strauss del 1909, lo scrittore confidò che il libretto era stato creato dopo un colloquio con il suo amico, il conte Harry Kessler, al quale è dedicata la prima edizione. L’amicizia tra i due vacillò, però, dopo quest’episodio perché il conte giudicava il suo contributo molto maggiore di quanto Hofmannsthal volesse ammettere. Alla fine Hofmannsthal corresse il tiro scrivendo : «Dedico al Conte Harry Kessler questa commedia, che deve molto alla sua collaborazione».
Considerato un capolavoro in sede letteraria, il libretto è scritto in un linguaggio estremamente elaborato grazie al quale, come afferma lo stesso letterato, «ogni personaggio ritraesse contemporaneamente se stesso e il proprio rango sociale, un linguaggio che fosse il medesimo sulle bocche di tutti e tuttavia differente in ogni singolo personaggio, con una gamma abbastanza varia di possibilità: dal linguaggio assai semplice della Marescialla alla parlata concisa, elegante di Octavian, al linguaggio artificioso di Faninal e a quella originale commistione di pompa e grossolanità in bocca al buffo Ochs».
Hanno detto su Der Rosenkavalier:
[…]
In questo quadro, sarebbe insopportabilmente riduttivo enfatizzare la portata dei riferimenti storici, che pure ci sono (Hofmannsthal poté consultare i diari della corte viennese dell’imperatrice Maria Teresa – nei primi anni del cui regno viene ambientata la pièce – redatti dal principe Johann Josef Khevenhüller Metsch e pubblicati nel 1907-08). Lo scorrere del tempo («Die Zeit, die ist ein sonderbar’ Ding», come dice la Marescialla) è forse il vero protagonista in Der Rosenkavalier e la Vienna ante-1789 adombra spesso quella della finis Austriae ante-1914. Musicalmente, questo anacronismo continuo e voluto si incarna nel ricorso al moribondo, iper-ottocentesco valzer (si pensi a cosa ne avrebbe fatto di lì a poco Ravel nella sua terribile Valse) che diventa uno degli emblemi principali dell’opera. La sua presenzapervasiva e cangiante assume sfumature e connotazioni drammaturgiche diversissime. Si va dal valzerino di sapore “settecentesco”, quello della colazione (primo atto), che suona quasi come un minuetto e che Norman Del Mar definisce «a Mozartian Divertimento», fino ai valzer più “volgari” suonati sulla scena (a mo’ di café-concert) nel terzo atto per accompagnare le avances del barone Ochs. Quello più celebre di questi ultimi, introdotto dal barone Ochs nel secondo atto (a Sophie: «Kennt Sie das Liedel?») come una canzonetta contemporanea (di quale tempo?), rimanda chiaramente (e ironicamente) all’altro Strauss (Johann). Tutti i valzer vengono però trattati da Strauss, soprattutto armonicamente, con una maestria pari allo spessore simbolico che assumono nell’opera. Anche il “mozartiano” valzerino della colazione esibisce a un certo punto alcune dissonanze – alcune rughe – di gusto assolutamente primo-novecentesco. Il tempo («sonderbar’ Ding») scorre in Der Rosenkavalier a ritmo di valzer.
(Emilio Sala, L’opera in breve, da teatrallascala.org)
Anche se nel Rosenkavalier si ascoltano parecchi ritmi di valzer, ricordiamo, per evitare confusioni, che Richard Strauss era tedesco di Monaco, quindi bavarese, e non era parente, neppure alla lontana, con gli Strauss viennesi dei valzer e del Concerto di Capodanno. L’omonimo collega Johann Strauss “figlio” (1825-1899), quello del “Bel Danubio blu” per intenderci, era di una quarantina d’anni più anziano. Di lui scrisse Richard: «Fra tutti gli uomini eletti dal cielo, Johann Strauss è per me il più adorabile dispensatore di gioia... e scrivendo i valzer del Cavaliere della Rosa, come avrei potuto non pensare al genio sorridente di Vienna?». In realtà l’idea d’inserire anacronistici valzer nel Cavaliere della Rosa – ambientato nella Vienna rococò del primo Settecento, l’età dell’Imperatrice Maria Teresa, quando esistevano al massimo i minuetti – fu una geniale proposta del librettista Hugo von Hofmannsthal, che Strauss realizzò con un talento debordante. Di che narra questo Cavaliere della rosa? Mentre in genere all’opera la gente si massacra per il possesso di una donna, qui le cose vanno molto diversamente. Assistiamo alla composta ma dolente fine di un amore, vissuta con grande dignità, nel bel mondo dell’aristocrazia viennese, fra burle e travestimenti. Una signora matura (si fa per dire, trentasei anni) – detta la Marescialla, in quanto moglie (trascurata) di un Maresciallo sempre al fronte – ha un giovanissimo amante, il cugino Octavian Rofrano (diciassette anni), interpretato da un mezzosoprano en travesti. La nobile signora si metterà in disparte quando il suo Octavian (detto Quin-Quin) trova la donna della sua vita in una coetanea che ha difeso in duello dalla villania di un fidanzato indegno: il barone Ochs von Lerchenau, un Don Giovanni di campagna che unisce in sé, secondo Hofmannsthal, «il buffonesco, il falstaffiano, il gradevole, l’esilarante». Il titolo deriva dal fatto che Octavian ha l’incarico di consegnare una “rosa d’argento”, da parte dello zotico fidanzato, suo lontano parente, alla fanciulla di cui s’innamora e da cui viene subito riamato. Potete immaginarvi la musica sublime di Strauss dell’amore a prima vista, mentre la fanciulla Sophie si stordisce respirando dalla rosa l’essenza di profumo persiano? Poi c’è anche la questione del doppio travestimento, perché Octavian, per restare in incognito nel palazzo della Marescialla, si traveste da cameriera e viene subito adocchiato, e non solo, dal barone erotomane, che verrà punito e sbeffeggiato alla fine dell’opera. Come potremmo definire il Rosenkavalier? Forse una commedia moderna un po’ decadente, persino elegiaca, ma esaltata da un’impaziente dinamismo e piena di nostalgico rimpianto per il modo di ieri.
(Franco Pulcini, Amarsi al primo sguardo tra gli ori di Vienna, da teatroallascala.org)
Adriana Benignetti