Martin Fröst e l’arte d’incantare
(Foto di Mats Bäcker)
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Un critico musicale del The Times, dopo averlo ascoltato in concerto, aveva scritto: «Fino a quando non avrete ascoltato Martin Fröst non avrete realmente ascoltato il clarinetto». Si potrebbe aggiungere: «Fino a quando non avrete “visto” dal vivo Martin Fröst non lo avrete realmente ascoltato». Perché il suo non è un semplice concerto: non è solo ascolto ma anche visione; non è solo musica, ma anche spettacolo.
Camicia bianca con colletto aperto, smoking nero bordato di bianco sulla giacca e sui pantaloni, un po’ stile Michael Jackson, alto, biondo, snello: questo clarinettista svedese, classe 1970, sale sul palco, con il carisma di una rock star consumata, ed è già spettacolo.
Il silenzio del pubblico cala, improvviso; inizia il concerto di Copland e, fin dalle prime note lente del clarinetto, tutti sono come ipnotizzati. L’Auditorium si riempie di suono, di musica ma anche di gestualità e teatralità.
Martin Fröst ha una tecnica impeccabile, una musicalità e una dinamica che, in particolare nei pianissimi, diventano poesia, un controllo incredibile, assoluto, del suo strumento che gli permette di superare con una disinvoltura strabiliante qualsiasi difficoltà della partitura e di concentrarsi interamente sulla musica.
(Foto di Mats Bäcker)
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Ma Fröst è anche, e soprattutto, un musicista molto fisico, che fa del clarinetto un prolungamento del suo corpo e, in un tutt’uno con esso, si piega, si contorce, sembra quasi ballare: il risultato è uno spettacolo seducente, nel quale vista e udito si integrano e si compensano, e un equilibrio straordinario tra vecchio e nuovo mondo, tra idiomi musicali classici e popolari, proprio come richiede Copland.
Arriva, poi, il concerto di Artie Shaw, composto per il film Second Chorus e, anche qui, Fröst non delude: incanta nell’introduzione lenta, quasi rapsodica, con un suono soffuso, che riporta a un’America lontana; diverte nella sezione in tempo moderato di woogie boogie, dove anche il pubblico vorrebbe ballare; infine, travolge nell’assolo del clarinetto accompagnato dai tom-toms.
Come bis un pezzo klezmer, “Let’s be happy”, orchestrato dal fratello Goran, dove lo straordinario clarinettista tira fuori altri effetti speciali – glissandi, velocità fenomenali e una tavolozza espressiva portata agli estremi – e un brano di Nat King Cole.
Ovazioni da stadio da parte del pubblico che, adesso sì, avrà “realmente ascoltato il clarinetto”.
Martin Fröst, Mozart, Concerto per clarinetto, 1° mov. (video pubblicato su YouTube da mozartclarinet il 23/07/2008)
Martin Fröst, Hillborg, Concerto per clarinetto (video pubblicato su YouTube da manongreen il 17/09/2007)
Adriana Benignetti