«Credo sia arrivato il tempo di
restituire giustizia storica a un genio immenso»
Il 30
ottobre scorso è stato pubblicato, per l’etichetta Decca, il cd Carnaval, interamente dedicato a
Schumann (Carnaval op. 9, Faschingsschwank aus Wien op. 26, Abegg
Variationen op. 1 e Papillons op. 2).
Interprete, il pianista pisano Maurizio
Baglini, classe 1975, tra i musicisti più brillanti e apprezzati sulla
scena internazionale con, all’attivo, oltre 1200 concerti come solista e 900 di
musica da camera in sedi prestigiose, tra le quali la Salle Gaveau di Parigi,
la Cappella Paolina del Quirinale o il Kennedy Center di Washington.
Con il Carnevale di Vienna hai
vinto un pianoforte a coda al Concorso Clementi nel 1989, mentre con il Carnaval
op. 9 hai tenuto il tuo debutto concertistico in Germania: brani,
dunque, che hai da diversi anni in repertorio e ai quali sei anche
affettivamente legato. Perché hai aspettato fino a oggi per inciderli? Spesso un
artista dice che tali attese sono frutto di un’esigenza di maturazione: più
pragmaticamente, nel mio caso, posso dire che per molti anni ho beneficiato –
ma, ahimè, anche sofferto! – dell’etichetta di virtuoso e, quindi, i miei
progetti sono andati nella direzione di programmi “estremi”, tra i quali ad
esempio la Nona Sinfonia di Beethoven/Liszt
[dal 2008 Baglini promuove il progetto “Inno alla gioia”, eseguendo in tutta
Europa la Nona Sinfonia di Beethoven
nella trascendentale trascrizione per pianoforte di Liszt, che ha registrato
anche su cd: la prossima esecuzione avverrà al Conservatorio di Milano il 28
novembre 2012, n.d.r.], tutti gli Studi di Chopin e di Liszt. Ottenuto poi
un certo margine di successo, suggellato anche da un’intensa attività
cameristica, ho finalmente trovato lo spazio discografico per esprimere anche
contenuti – attraverso Schumann – di maggior spessore intellettuale ed emotivo.
Spero di esserci riuscito e mi auguro di essere ascoltato in questo cd senza
pregiudizi!
Dalla prima volta che hai affrontato
questi brani a oggi è cambiato il tuo approccio? E se sì in che modo? Direi che è un
processo inevitabile: sono cambiati, concretamente parlando, gli stacchi
metronomici, l’escursione dinamica, l’agogica – rallentandi, accelerandi vari –
ma, soprattutto, sono cambiato io e la mia visione della società e dell’esigenza
di diffusione culturale. Schumann scrisse il Carnaval, ad esempio, come attacco frontale della “Lega dei Fratelli di David” contro
i “Filistei”: ovvero,
un attacco del nuovo humus
intellettuale contro i reazionari accademici. Un ragazzo di 14 anni non ha gli
elementi di vissuto sufficienti a capire la sofferenza di un genio come
Schumann e il tentativo di rivalsa nei confronti di un’ottusità pregressa. Un
uomo con esperienze di vita importanti, successi, delusioni, crisi e riprese di
creatività è certamente più propositivo, in quanto interprete, davanti a
problemi di comunicazione emotiva di tanto spessore. Oggi cerco di preoccuparmi
di piacere al pubblico, di farlo riflettere e appassionare ai contenuti che
posso esprimere attraverso l’opera di un genio come Schumann, parlando di
questo caso specifico: quindici o venti anni fa ero molto più preoccupato di
compiacere il mio insegnante, gli accademici in genere e mi preoccupavo troppo
poco di trasmettere delle emozioni pure e semplici agli ascoltatori più “generici”.
Con il designer Giuseppe Andrea
L’Abbate hai realizzato un progetto multimediale che è una libera trasposizione
in chiave contemporanea dei temi del Carnaval. Ci parli
di questo progetto? Oggi il
concertismo deve necessariamente, a mio avviso, offrire un incontro vero e
proprio fra le varie discipline artistiche: la grafica multimediale fatta a
questo livello è una forma d’arte paragonabile a quella dei grandi pittori. Perché
non dare quindi al pubblico l’occasione di scoprire meglio le varie
sfaccettature di un pezzo tanto complesso ed enigmatico quale il Carnaval di Schumann? [n.d.r. QUI il progetto completo]
Ti sei “ispirato” a qualche
registrazione storica per questi brani? Punti di
riferimento importanti sono stati: Alfred Cortot e Sergej Rachmaninoff per il Carnaval op. 9 oltre ad Arturo Benedetti
Michelangeli (live a Londra, 1960); per Papillons,
invece, Svjatoslav Richter, ma solo dopo aver già suonato in pubblico il pezzo;
per le Abegg Variationen, un pezzo Biedermeier vero e proprio, ho ascoltato
moltissimo la musica di Johann Nepomuk Hummel. Tuttavia, cerco sempre, anche a
costo di esser tacciato di “artificiosità”, una mia individualità: la crisi di
pubblico e del concertismo è causata, a mio avviso, anche dalla
standardizzazione interpretativa sviluppatasi dagli Anni ‘70 a oggi.
La registrazione del CD è stata
effettuata nella Sala degli Arazzi del Museo di Palazzo Reale a Pisa (sede
della Soprintendenza ai Beni Culturali) ed è, tra l’altro, la prima
registrazione effettuata qui. A cosa è dovuta la scelta di questa Sala? Tale scelta
è stata dettata da più fattori: in primis,
pochi anni fa ho acquistato un pianoforte grancoda Fazioli, quello utilizzato in
tutti i miei cd più recenti [compreso questo di cui stiamo parlando, n.d.r.], e ho deciso di farlo “maturare”
in un luogo che ne garantisse la conservazione perfetta, ossia un museo. Fino
al maggio 2013 ci saranno molti appuntamenti di lezioni-concerto aperti alla
città, resi possibili proprio dal fatto che il pianoforte è lì. In secondo
luogo, da pisano (anche se, ormai, bolognese di adozione) ho deciso di dedicare
una registrazione importante alla mia città. Oltre a ciò, il museo, con la
splendida Sala degli Arazzi, garantisce uno charme
che ispira la creatività interpretativa: un segnale importante per spostare la
musica da luoghi tradizionali, seppur bellissimi (come i teatri o un qualsiasi
auditorium) a luoghi alternativi.
Perché fare una registrazione “live”
e non in studio? La Sala
degli Arazzi, come detto, viene utilizzata per dei concerti e delle performance artistiche vere e proprie,
solo da quando vi ho portato il mio strumento: di conseguenza, ho voluto
dedicare una giornata di apertura al pubblico per suggellare questa mia esperienza
da “pioniere” su Pisa. Il cd, quindi, è frutto di un filage esecutivo vero e proprio: detto questo, sappiamo tutti
quanto siano elevati gli standard qualitativi richiesti dalle case
discografiche in merito a un’esigenza di “perfezione acustica”. Sono stati,
quindi, necessari alcuni interventi acustici.
La registrazione è avvenuta in una
sola giornata o sono stati necessari più giorni? Abbiamo
dovuto trascorrere un giorno supplementare in loco con i tecnici per eliminare i
rumori del traffico cittadino, delle rondini e dei colpi di tosse o altri
piccoli elementi che potessero causare disturbo. La matrice rimane comunque un live vero e proprio anche se lo standard
deve rimanere quello di una documentazione storica dell'interprete. Registrare
dal vivo mi piace molto, ma per lasciare la registrazione “pura” di ciò che è
stato fatto ed eseguito in quel preciso momento, ci si deve orientare verso una
pubblicazione estemporanea e non verso una produzione discografica. È un po’
come recitare in prosa in teatro o recitare per una telecamera, di fatto.
Le 4
composizioni scelte sono molto diverse tra loro ma, allo stesso tempo,
presentano molti tratti in comune sia nei temi (la festa, la danza, il
carnevale) sia in alcuni procedimenti tecnici (come la corrispondenza tra
lettere dell’alfabeto e note musicali secondo la denominazione tedesca,
nelle Variazioni Abegg, nel Carnaval op. 9 e
nel Carnevale di Vienna) sia nell’utilizzo di una serie di
citazioni, messaggi cifrati, riferimenti a episodi, sentimenti e persone reali
della vita del compositore. Su Papillons op. 2 lo stesso
Schumann scrisse: ««Avrei molto da dir(Le) sul soggetto dei Papillons se Jean
Paul non avesse spiegato queste cose meglio di me. Legga perciò le ultime pagine
dei Flegeljahre […] Il filo che collega questi Papillons è difficile da
comprendere se l'esecutore non sa che sono nati da questa lettura». Una
musica, dunque, estremamente difficile non solo tecnicamente ma anche e
soprattutto per la ricchezza poetica e i significati profondi sottesi. Secondo te è questa difficoltà extra-musicale
il motivo per cui le pagine di Schumann sono meno presenti nei programmi
rispetto ad altri compositori suoi contemporanei? Nel
2010 ricorrevano gli anniversari di nascita sia di Chopin sia di Schumann:
sappiamo tutti quanto sia commovente e coinvolgente la musica di Chopin, ma ciò
non giustifica il fatto che Schumann sia stato messo decisamente in secondo
piano nelle celebrazioni. Robert Schumann era anche un filosofo, a tutti gli effetti:
ha scritto molto, anche in termini di saggistica e tutto questo contribuisce a
rendere la sua figura “difficile”, o almeno di difficile accesso al pubblico,
persino quello degli addetti ai lavori. Basti pensare che in una recente
ricerca celebrativa fatta in Germania, per annoverare i 200 nomi più illustri della cultura
e dell’arte tedesca, Robert Schumann non compariva! La sua musica, sicuramente,
non è così “diretta” quanto quella di Liszt o Chopin: credo, però, che sia
arrivato il tempo di restituire giustizia storica a un genio immenso.
Adriana Benignetti